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Carlo Magno
il Franco barbaro


Fin quando non conobbi il più grande dei re barbari, Carlo Magno, non seppi mai il significato profondo di questo nome. Carlo Magno era barbaro e per lui non poteva essere diversamente. 
Non offuscava povertà di idee, linguaggio limitato, frugalità nell’abbigliamento perché riteneva la sua forza di volontà il bene più grande che può appartenere ad un uomo. 
L’incontro avvenuto dopo il Natale del 799 doveva collocarsi in un clima distensivo, di nuova conciliazione. Vidi l’Imperatore accigliato, scontroso, irritabile e pentito di aver iniziato un ciclo di cui riteneva, in sua vita, non avrebbe visto la fine. Vestito in modo ordinario secondo la tradizione franca: tunica, pantaloni fasce gambali, calzari.
Le pareti spessissime di grandi mattoni, i soffitti molto alti di quello che appariva più un monastero che il centro direzionale del Sacro Romano Impero, rendevano l’ambiente molto freddo.
Il fuoco tenuto sempre acceso da una parte sembrava avere una funzione decorativa. Come se ce ne fosse bisogno, serviva a ricordare l’ardimento del padrone di casa. 
Imperatore, lei ha fondato il Sacro Romano Impero…
“Cominciamo con le belle parole! Il mio dominio, di cui io sono il dominus, non ha nulla di Sacro perché costruito col sangue dei miei legionari. Non è romano perché io e quelli che sono morti per costruirlo siamo ancora considerati dai romani barbari. Non è esattamente un impero perché io stesso debbo spesso sottostare alle condizioni dei principi che governano le mie province. Quindi cominciamo piano che andiamo meglio.”
Come si considera l’uomo nuovo o l’ultimo restauratore dell’Impero romano?
“Che domanda fessa è questa! Ma chi mi hanno mandato? Non mi interessa essere né vecchio né nuovo. Sulla mia volontà ho costruito un’idea. La mia idea si chiama Impero. Significa unire le terre bagnate dal Mare Nostrum in una sola grande nazione. Popolo uno, Stato uno, unica nazione.”
A Natale l’incoronazione del Papa che l’ha sancita Imperatore. Un passo in avanti?
“Confermo la prima impressione avuta da lei. Se si fosse trovato davanti un mio precursore nell’impero romano, quello vero, l’avrebbe già mandata a morte. E io stesso mi trattengo a stento. Mi sono fatto incoronare cedendo a un ricatto. Il Papa rischiava di sconfessarmi davanti ai miei sudditi. Chi li avrebbe tenuti quei vigliacchi mercenari pronti a girarti le spalle davanti alla prima avversità? Ho fatto male, però. Avrei dovuto combattere. Come sempre ho fatto.
Ma come? È stato l’evento che cambierà la Storia!
“Ed è proprio questo il guaio. Il compito di delineare il corso della Storia è sempre stato affidato a me o ai miei simili ed ora sarà in mano a un religioso. Le pare normale tutto questo?”
Perché allora ha accettato?
“Guardi, in verità non c’è stata nessuna incoronazione, non c’è stato alcun Natale, non c’è stata Chiesa di S. Pietro. Io me ne stavo ad Aquisgrana a curarmi la gotta. Il senso di questo incontro è stato dato dalle nostre diplomazie. Vederci col Papa per sancire questa buffonata oramai non aveva più alcun senso. Quindi abbiamo raccontato al mondo di questo incontro solenne per dare risalto e lustro alla pagliacciata di farsi incoronare. 
Un imperatore la corona la prende e se la mette sulla testa da solo. Non la fa porgere da nessuno. Un imperatore sceglie il suo popolo e decide di dargli un destino, una missione nella Storia. Non prende religioni in prestito.”
Perché ha ceduto?
“Era un modo per riscattarmi anche dai bizantini che si sono sempre ritenuti i grandi intelligentoni della Terra. E il Papa ha dato loro sempre grande credito. Ma l’immenso Giustiniano è morto oramai da tre secoli e questo impero mi sembra vocato a perdere terre e credibilità. Nei loro pensieri non c’è mai qualcosa di lineare. Sempre arzigogoli, sofisticherie. È proprio una terra di cortigiani e prostitute!”
Quindi un modo per battere Bisanzio senza armi?
“Ma, vede? Poiché in Oriente l’Impero era vacante, e i bizantini mal tolleravano che una donna li governasse, sembrò opportuno a Papa Leone, all’unanimità dei Padri, che si adunarono in Roma, così come a tutto il popolo cristiano, di creare imperatore Carlo re dei franchi, che teneva sia Roma, dove sempre i Cesari avevano soggiornato, sia gli altri luoghi d’Italia, di Gallia, di Germania.”
Quindi non è sensibile alla seduzione del potere assoluto?
“Ma come parla? Uno il potere o ce l’ha o non ce l’ha. Questo è l’assoluto. Per quanto riguarda la seduzione io mi faccio sedurre solo dalle femmine alle quali continuo a dare la parte migliore di me.”
Si dice però che quando viene a Roma veste abiti tipici della tradizione romana: tunica lunga, la clamide e i sandali. È vero?
“Ma quella è una divisa da conquistatore! Eh eh eh eh eh! Come Alessandro Magno debbo apparire integrato nei loro usi, costumi e consuetudini. 
Mi preserva da attentati. Sono vestito come loro, nessuno mi riconosce. Anche Roma, come Bisanzio, non scherza in quanto a intrighi.”
Carlo sarà ricordato nella Storia per aver fermato l’avanzata dell’esercito arabo. Non crede di vantare crediti di riconoscenza verso il Papa? Senza di lei saremmo tutti musulmani!
“Mah! L’emiro di Cordova mi ha detto che riconosce ufficialmente il mio impero e lo rispetta. Cosa chiedere di più a un musulmano? Ah ah ah! Però gliene abbiamo date di legnate! Ah ah ah! (ridiventa improvvisamente serio). Tra me e il Califfo di Bagdad è nata un’alleanza. A guardar bene non sono così male questi musulmani. Loro mi hanno offerto il protettorato sui Luoghi Santi, Harun-al-Rascid mi ha coperto di doni e di cortesie. Tra questi anche un elefante. Non avevo mai visto un elefante prima e sono sicuro che tutto il nostro mondo non aveva visto un elefante dopo Annibale e Pirro. Lo tenevo nel mio bel giardino a scorrazzare per fare colpo sulle femmine e nelle visite diplomatiche! Peccato sia morto ben presto per il freddo che fa qui ad Aquisgrana.”
Accanto ai suoi giochi qui ad Aquisgrana ha realizzato il più grande centro di cultura post-romana. Perché?
“Forse la sua domanda è: come fa un ignorante come me ad attorniarsi delle migliori teste in circolazione. Mi piace la provocazione. Lei è meno scemo di quanto pensavo. È che mi piacciono le sfide. E poi non si dà un grande impero senza un armamentario, fatto non di armi, ma di lettere, poesie, dipinti, chiese. A tutto questo mi ha convinto il Califfo, non la tradizione romana. Mi hanno letto “Le Mille e una Notte” e ne sono rimasto conquistato.
Non si vince solo con la spada. O meglio, prima si vince con la spada poi bisogna proporre altre armi per dare il senso di un grande impero. Anzi lo sa che le dico? Perché non si ferma un po’ con noi? Se le piace nuotare ho una piscina lunga cento metri nella quale entrano più di cento persone dove può trovare cortigiane a sua completa disposizione. Alla mia corte potrà confrontarsi anche con Alcuino, con Paolo Diacono, con Piero da Pisa. Anzi mi usi la cortesia: li incontri poi mi dice cosa ne pensa. A volte mi sembrano dei gran perditempo. Allora la saluto. Buon bagno, buona ricreazione, buon ufficio per l’intelletto.”
Come non poterle dire di no?
(Mentre se ne va). 
“Dicendomi di “sì, accetto”. Stasera sarà tra i miei commensali. La avverto la mia tavola scarseggia sempre in vino.”

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