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Gregorio VII
conversazione con il grande riformatore della Chiesa


La disponibilità del Pontefice a parlare con il cronista è arrivata oggi per domani. Il 24 febbraio 1077 – Anno di Grazia – il testimone del suo tempo reca visita all’inventore del suo tempo. Colui che ha cambiato il corso degli accadimenti, l’uomo che da solo ha dato valenza cogente alla Chiesa, fino a pochi anni prima soggetta allo scisma, all’antipapa…
Gregorio VII vestito con una tonaca di canapa ruvida sembra piuttosto un frate intento a dare lezioni ai suoi discenti su Scoto Eriugena che un papa dedito a dare ordini. Nella conversazione non si concede mai completamente al cronista ma parla con uno scrivano che trascrive anche la nostra conversazione, legge resoconti, dispacci, impartisce regole a cui tutta la cristianità dovrà conformarsi.
Santo Padre? Può darmi udienza?
“Un cristiano non può che dare udienza a un uomo che gliela chiede. Non si preoccupi di questa apparente anarchia. Qui tutto è sotto controllo”. 
Cominciamo con il dato più recente, Enrico IV che in veste di penitente le ha chiesto perdono e lei glielo ha accordato. Perché? Non era più utile tenerlo a bagno-maria e farlo sconfessare dai suoi principi?
“Sotto il profilo strettamente politico lei ha perfettamente ragione. Il rischio però era di passare come un despota crudele e ambizioso. Ma in effetti mi sono comportato più come sacerdote che come politico. D’altro canto ritengo di avere responsabilità che vanno oltre la politica. Con quell’atto è stato sancito il primato della Chiesa sul mondo. Stravincere sarebbe stato un atto di stupido orgoglio”.
Non è però che adesso è il Papa ad avere troppi poteri?
“Il Papa e la cristianità sono la stessa cosa. E allora mi chiedo che senso abbia dire che la cristianità ha troppi poteri”.
Lei ha riportato l’unicità della Chiesa e consegnato al Pontefice le sue prerogative. Ce le può ricordare?
“Presto detto. Solo il Papa può giudicare le cause più importanti di tutte le chiese. Egli solo può usare le insegne imperiali. A lui solo tutti i principi baciano il piede. Egli può deporre l’imperatore e sciogliere i sudditi dall’obbligo di fedeltà ai sovrani ingiusti”.
Dove va a finire l’unicità tra Papa e fedeli?
“All’interno della Chiesa è anche il popolo che ispira la corrente di rinnovamento di cui i pontefici si fanno portavoce. Nella nostra situazione il clero simoniaco, mondanamente compromesso, riceve le prime critiche proprio dalla gente comune. Tutto questo in nome della purità del messaggio evangelico”.
È così sicuro che questo senso di unità venga rispettato anche nelle gerarchie ecclesiali? Non teme un feudalesimo anche per la Chiesa? 
“Ho fatto un discorso chiaro a vescovi e sacerdoti. Fate in modo che il mondo intero comprenda e sappia che voi potete legare e sciogliere in cielo, voi potete sulla Terra togliere e dare a ciascuno, secondo i meriti, gli imperi, i reami, i principati, i ducati, le contee e tutte le possessioni degli uomini. Spesso voi avete tolto ai perversi e agli indegni i patriarcati, le primazìe, gli arcivescovati, i vescovati, per darli a uomini veramente religiosi. Se voi giudicate gli angeli, che cosa non potete fare di questi principi che sono i loro schiavi? Sappiano oggi i re e i potenti della terra come voi siete grandi e quale è la vostra autorità. Che essi si guardino dal tenere in poco conto l’amministrazione e l’organizzazione della Chiesa”.
Come spera di esser ricordato dalla Storia?
“Leone IX si era presentato a Roma in veste di monaco pellegrino. 
Il suo popolo ne aveva apprezzato l’umiltà. Ma Leone IX aveva anche il senso della dignità della Chiesa e fu il primo a sostenermi nella sua riforma. Ora tutto questo è diventato orgoglio. Sì! Orgoglio di servire la cristianità. Io voglio trasformare tutto questo in ideologia del mondo.”
Quanto è preoccupato da diverse forme di cristianità come quella di Berengario?
“L’eresia di Berengario è una delle tante correnti scismatiche che si sono formate nella confusione regnante. I nostri tempi sono ricchi di fermenti spirituali che però sono ancorati profondamente alla realtà. Si dà valore reale allo spirito ma non si riesce ad accettare come reali i valori soprannaturali. La voglia di ritorno a una vagheggiata povertà della Chiesa è positiva se intesa nel senso di esigenza di chiarezza, di purezza. Il peccato è che invece quasi ritualmente si trasforma in eresia.”
Chi decide l’eresia? Lei, Santità?
“Io sono la cristianità. Vedo che non segue o si distrae. Non le sembri scortese se la congedo invitandola a riflettere su questo assioma. Nelle mie lezioni non vado mai avanti se non sono sicuro che i miei discenti abbiano capito quanto detto”. 

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