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09 febbraio '15 - mondo della tecnica
#Salviamo Heidegger!
La pubblicazione di “diari neri” che si ritenevano scomparsi vuole sicuramente lanciare un fenomeno editoriale che però rischia di offuscare uno dei più grandi maestri del Novecento


Non ho letto ancora questi quaderni, ma dubito fortemente possano dire qualcosa di nuovo. Almeno leggendo le anticipazioni pubblicate sui giornali, che dovrebbero esaltare i tratti maggiormente sensazionalistici nelle espressioni del filosofo, non si trae nulla di nuovo. 

Credo che non ci sono contenuti da aggiungere alla famosa intervista pubblicata da Spiegel dopo la sua morte avvenuta nel '76. L'intervista fu concessa nel '66 e fu chiesto dal filosofo fosse pubblicata solo dopo la sua morte, cosa che avvenne. 

In questa intervista, dopo la prima parte in cui spiega lo "esprit de revanche" (ma vissuto alla tedesca) diffuso e alimentato nel senso comune germanico nell'immediato dopo primo guerra mondiale, parla della voglia di un ritorno alla Terra genuinamente avvertito dal suo popolo. 

Questo ritorno alla Terra si esprime come resistenza attiva all'affermazione del mondo della tecnica sempre più performativo nel senso comune del mondo occidentale. Questo senso comune si esprime al massimo proprio come distacco dalla Terra. 

L'esemplificazione si ravvisa nella famosa foto della Terra vista per intero dallo spazio. In quel momento Martin Heidegger, dice nell'intervista, si percepisce la gravità di un nuovo scalino elevato contro il necessario rapporto di derivazione degli uomini. 

Ma, attenzione, non c'è bisogno di un rapporto polemico con la tecnica per recepirne l'immane potenza di espropriazione del soggetto. In questa sede nasce la trasvalutazione dell'ente sul nodo concettuale che invece dovrebbe rimanere sostanza: l'essere. 

In questo contesto, dice Heidegger, si viene a celebrare la tragedia germanica in cui il popolo del suo paese paga pegno alla Storia per essere stato il primo ad avvertire il peso di questa espropriazione dal suo luogo d'essere, dalla sua casa, dal suo principio di esistenza fondativo. 

La tragedia del nazismo sta su questo sfondo, dice Heidegger. L'aver percepito questo evento della Storia come un'occasione di riscatto da non mancare verso una tendenza che espropria l'esistenza reale dalla sua sede di origine. 

Davanti questa riflessione autentica cosa possono aggiungere delle frasi estemporanee? Solo la civetteria di mettere a nudo allocuzioni in libertà. Quell'intervista pubblicata nel libro Oramai solo un dio ci può salvare, edito da Ugo Guanda Editore, ha una potenza di gittata immane per le riflessioni sul Novecento in cui anche il mondo attuale entra appieno. Heidegger ha vestito la camicia nera. È vero. Non l'ha mai negato. Non ha mai chiesto scusa. Qual è la novità di questi appunti? In questi quaderni Heidegger ravvisa nella volontà di potenza del mondo ebraico nel Novecento uno dei tratti salienti del mondo della tecnica. 

Lo stesso mondo che procede per serializzazioni, per schematizzazioni, per semplificazioni reificanti. Questa stessa componente fondamentale del nostro tempo si è ritorta contro questa comunità. 

La bestemmia, quindi, consiste nel fatto che l'ideologia ebraica

 – (sempre secondo Heidegger tramandato in questi appunti che dovrebbero essere pubblicati) in quanto punta del mondo della tecnica – 

sarebbe responsabile della tragedia avventatasi sul proprio popolo

A parte questa conclusione massimizzante la parte più rilevante, discutibile sotto tutti i punti di vista, sarebbe nelle prime connessioni concettuali. E invece l'attenzione verte sulla volgarità del tipo: “siete causa dei vostri guai”. La semplificazione giornalistica ha, certo, le sue responsabilità in questa polemica. Ma ancor più ce l'ha chi è alla continua ricerca di semplificazioni e non riesce a prescindere da queste, rinunciando anche all'identificazione di sistema nel quale il complesso di semplicità sono messe in relazione. 

Ed è questa, anche, una vittoria del mondo della tecnica: farci vedere il mondo come qualcosa di elementare rifuggendo ciascuna delle complessità irrelate in ciascuno degli atomi individuati come perspicui. Ma questo è un altro discorso. (...).