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16 novembre '16 - Elezioni Usa
Tutta colpa dell'algoritmo
In un articolo di oggi su IL Fatto si addebitano al programma di selezione dati utilizzato dalla candidata alla presidenza degli Stati Uniti le ragioni della sua sconfitta


Sempre il mondo della tecnica che emerge e rivendica anche gli errori. Sempre la tecnica dovrebbe sapere che però non c'è prova contro-testuale. Nessuno può dire come sarebbe andata se ci si fosse mossi diversamente. Ed anche in questo la tecnica, in definitiva appare molto umana. Può riflettere su quel che è stato. Può prospettare su quel che potrebbe essere. Ma non potrà mai dirci alcunché su ciò che non è ma sarebbe potuto essere.
Ada o non Ada, mi consolo con Alda La bella che muore di crepacuore dopo la capitolazione di Orlando a Roncisvalle, nella Chanson de Roland. Arcano ideale di femminino. No come Ada che mi dice quel che dovrei fare ma non mi dice nulla sul senso del fare.
Ada è il nome dato all'algoritmo che avrebbe programmato l'agenda del candidato alle presidenziali americane Hillary Clinton. L'aver additato errori e sottovalutazioni a un programma denota l'antica superbia dei perdenti che incapaci di accettare il fatto che il proprio elettorato non li ha voluti, oppure che loro in persona hanno fatto degli errori, se la prendono coi collaboratori. Quale migliore capo espiatorio che un algoritmo? Migliore perché non può difendersi. E allora contrariamente ad altri contesti qui si vorrebbe difendere il prodotto della tecnica e il sistema di computazione che la organizzazione presidenziale avrà sicuramente ben pagato. Cominciamo a dire che l'algoritmo non è tenuto a sapere della portata delle bugie della Clinton. L'algoritmo non sa e non può sapere come anche la sua polmonite ha cercato di silenziare la Clinton. L'algoritmo non può comprendere che la montagna di mail in cui la candidata andava quasi a trattativa priva su segreti di stato e prospettive militari pesano nella busta paga della credibilità offerta dai veri democratici americani. Ancora l'algoritmo non può sapere che accettare di vestire i panni di Segretario di Stato comporta la rinuncia alla carriera politica in prima persona o alla gestione in pectore della vera capacità decisionale. Nondimeno se la prendono con il processo matematico che non ha computato e selezionato a dovere i dati immessi. Laddove fosse vera questa realtà corrisponderebbe all'abdicazione totale al mondo della computazione non alla facoltà delle scelte. Hillary ha perso. Gli americani democratici non l'hanno voluta in questa occasione e non l'avevano voluta prima. Non c'è altro da dire. Forse c'è da interpellare il candidato vincente per capire quale algoritmo funzionante ha utilizzato lui per gestire la campagna elettorale e soprattutto le due dichiarazioni illuminate.