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29 aprile '19 - Matematica
Socialisti in Spagna
Dalla parte di Pedro Sanchez centoventitre deputati ma è anche vero che l'estrema destra di Vox ne assicura ventiquattro. È l'emblema di un'Europa confusa


Sempre in controtendenza col resto dell'Occidente. Quando nel secondo dopoguerra l'Occidente industrializzato si faceva forte sulla democrazia, in Spagna sopravviveva il regime di Francisco Franco fino al 1978. Oggi che in Europa si rafforza la reazione a destra delle grandi contraddizioni mondiali (immigrazione, crisi economica, deficit finanziario), sempre in Spagna, vincono i socialisti. Ma il responso elettorale della penisola iberica uscito ieri dalle urne non esprime una maggioranza chiara.

Però la novità della Spagna deve leggersi anche nell'originalità della loro crisi, tutta interna su la divaricazione netta tra periferie e centri ma soprattutto dai due grandi centri: Madrid e Barcellona. Come dire, la tendenza di fondo che divarica tra divisioni storicamente determinate si consuma tutta su fatti del tutto endogeni.

Questa fase elettorale d'Europa unisce il continente amministrato in una nuova divisione tra destra e destra: populismo, nazionalismo, scissionismo contro governo della tecnica, negoziazione infinita delle istanze, moderazione centralistica delle istanze specifiche.

E' chiaro quindi che questa vasta realtà governata, che si vorrebbe unitariamente amministrata, esprime costantemente diverse volontà - spesso disparate tra loro. E certamente le istanze di una specifica latitudine territoriali non possono allinearsi a orientamenti derivati da equilibri derivati altrove.

Sono caduti gli steccati ideologici ma si è accentuata la sclerosi verso il diverso. (Una certa destra della deriva crea barricate contro immigrati e rom, una certa sinistra senza progetto grida al fascismo davanti al crescere di nuove forme di governo populista).

La sclerosi verso il diverso ha sede nell'inconscio, non nella dialettica civile. Ed allora, in termini di “deprecabili settarismi”, ciascuno faccia i conti con le proprie rigidità – leggasi incapacità a leggere il nuovo.

Ed è per questo che il progressismo nel mondo è incapace di dare lezioni. E se non può fare sermoni cercando discenti per giustificare la sua esistenza, non ha più senso che esista.

D'altra parte il populismo evidenzia il limite oggettivo di non avere una visione per l'ingresso di nuove dinamiche sociali in cui ciascun area del mondo è coinvolta dall'altra, essendo la cifra dei problemi sempre globale. La difesa del proprio territorio ha un respiro corto davanti l'avanzare di etnie che fuggono dalla povertà e dalla guerra.

(Foto Ansa).