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25 maggio '10 - Tecnica
Il computer accende un lume
Il risultato di laboratorio sul Dna che accende la fantasia degli scientisti

Creata in laboratorio la prima forma di vita sintetica. In questo modo si rende possibile la creazione di nuovi organismi dal nulla. È arrivato a questo risultato il biologo dello Utah Craig Venter. Nel 2000 il controverso studioso completò la mappatura del genoma umano. Limpresa dopo di 10 anni di lavoro, con la collaborazione di altri venti studiosi di laboratorio e la gestione di 40 milioni di dollari grazie alla Synthetic Genomic che non è altro che unorganizzazione di ricerca di sua proprietà.
Il risultato è stato presentato nellarticolo sullultimo numero del magazine Science. Dal nome Mycoplasma mycoides JCVI-syn 1.0 la cellula sintetica prodotta nellIstituto di Rockville serve a creare biocarburanti o vaccini, ma anche per risucchiare il diossido di carbonio dallatmosfera.

Lorganismo sintetico è una cellula basata su un batterio esistente, ma nel nucleo ha un genoma sintetico costruito chimicamente in laboratorio: un organismo con ununica cellula che ha quattro impronte genetiche - corrispondenti alle lettere G, T, C e A - iscritte nel Dna al fine di identificarne lorigine e chi lha prodotta.

Non è la Natura ma un computer.

Santa Madre Chiesa approva

Purché non si perda di vista il precetto etico della difesa della vita

LOsservatore Romano, ha pubblicato la notizia in prima pagina: lingegneria genetica può fare del bene: basti pensare alle possibilità di curare malattie cromosomiche. Si tratta solo di unire al coraggio la cautela.

Con un avvertenza però: Il peso del Dna è grande e grandi sono le aspettative nella scienza genetica. Tuttavia, il Dna pur essendo un ottimo motore, non è la vita

Ma non è la capacità di arrivare a diagnosi sempre più approfondite il problema, bensì la capacità di assistere in vitro al primo formarsi della vita tanto da poter apparire sostitutivo del precetto divino. Ora addirittura la possibilità di formarlo dalla tecnica umana inserisce ulteriori elementi di analisi teologica.

 

Rispetto della vita umana e dallaltra luguaglianza tra gli uomini. Sono i due limiti sui quali Santa Madre Chiesa ha chiesto di vigilare. Ma come conquista scientifica è valutato positivamente il fatto che sia stata prodotta in laboratorio la prima cellula artificiale in grado di replicarsi dal Vaticano.

 

Il cardinale Bagnasco ha infatti commentato: un ulteriore segno della grande intelligenza delluomo che è un dono di Dio, un dono che gli serve per conoscere meglio il creato. Bagnasco tiene a risaltare le responsabilità etiche dellattività scientifica. La tematizzazione del rapporto tra fede e ricerca razionale è stato un motivo ricorrente di analisi per la Chiesa, ma anche di rinnovamento col Concilio Vaticano II, lenciclica di Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, e soprattutto con Benedetto XVI.

 

La tecnoscienza non può e non deve divenire orientamento per i bene. La scienza a servizio delluomo e non viceversa. Sono i due assi fermi di riflessione.

Letica della Chiesa vede come asse imprescindibile il valore della vita umana, dalla quale di deve  procedere senza sollevare riserve morali.


Altri tre mesi per creare altra vita artificiale

 

Parla Craig Venter il controverso studioso di laboratorio con aspirazioni a Dio


In una conferenza stampa organizzata dalla rivista
Science, Craig Venter non si è sottratto alle domande dei giornalisti specialistici qui riproposta.


Prima di tutto, dove si trova ora il batterio artificiale? Si tratta di un luogo protetto?

"Si trova nei nostri laboratori ed è completamente sotto controllo. Il batterio che abbiamo scelto appartiene alla specie Mycoplasma mycoides e non ha nessuna possibilità di sopravvivere da solo. Ha infatti bisogno del ricco cocktail di sostanze nutrienti che noi gli forniamo. In natura, colonizza alcuni animali come le capre. Ma anche se qualcuno facesse entrare delle capre in laboratorio, non ci sarebbe alcun rischio di propagazione perché nel sintetizzare il Dna artificiale abbiamo eliminato 14 geni che permettono al batterio di legarsi all'animale che lo ospita".

Perché avete scelto proprio quel batterio?

"Veramente eravamo partiti con un'altra specie, il Mycoplasma genitalium. Si tratta dell'essere vivente con il Dna più piccolo che esista, almeno fra quelli a noi noti. Ci ha aiutato a rispondere alla domanda: ma qual è il numero minimo di geni necessario a sostenere una vita? Poi però ci siamo accorti che il vero problema non era mettere insieme i vari geni. Eravamo in grado di assemblare cromosomi anche più grandi di quelli del genitalium. Ma non eravamo in grado di attivarli. Di far cioè scattare quell'interruttore che trasformava una semplice catena di elementi chimici in vita. Questa è stata la difficoltà più grande".

 

Quali strumenti avete usato in laboratorio?
"Un software per analizzare il genoma di partenza e un apparecchio per sintetizzare il genoma artificiale. Poiché riuscivamo ad assemblare solo frammenti molto piccoli di Dna, abbiamo usato una cellula di lievito per legare tutti i pezzi fra loro. Estrarre poi dal lievito il prodotto finale e inserirlo nel batterio, evitando che il sistema di difesa distruggesse il nostro cromosoma, è stato un altro ostacolo non da poco".

Quali sono state le altre tappe di avvicinamento al risultato di oggi?
"Nel 2007 siamo riusciti a trapiantare il Dna da un batterio di una specie a quello di un'altra. Abbiamo prelevato il cromosoma di un Mycoplasma mycoides e lo abbiamo trapiantato in un Mycoplasma capricolum. Si tratta di due specie diverse nel 10 per cento dei loro geni, più o meno la distanza che passa tra un uomo e un topo. Col nostro esperimento siamo riusciti per la prima volta a convertire una specie in un'altra. Il capricolum è diventato mycoides perché avevamo modificato il suo genoma come se fosse il "sistema operativo" di un computer".

I vostri esperimenti durano da vent'anni. Ma d'ora in poi quanto tempo ci vorrà per creare altre forme di vita artificiale?

"Ora che abbiamo imparato, per sintetizzare un cromosoma di uno o due milioni di basi impiegheremo circa tre o quattro mesi. Ma vogliamo andare oltre e passare dai batteri alle alghe, che potrebbero finalmente svolgere funzioni utili per l'uomo".