ilnardi.it
26 marzo '20 - Estetica
Fenomenologia del virus
A fine giostra ci insegnerà un nuovo modo di vivere questa pestilenza del nuovo millennio. Ma anche noi dovremo imparare dal Covid-19 un codice di comportamento


IL Covid-19 è come il Cavallo di Troia. Entra nella città come un amico ma non lo è. Appena entrato aggredisce le cellule inserendosi al suo interno. E ci riesce raggirandole. Entrati nella cellula la si obbliga a partorire altri virus. La sua invasione è rapida, non esponenziale come vien detto in modo retorico per intendere, appunto, molto veloce. Esponenziale, semmai, è la crescita sociale iniziale del Covid-19 – almeno inizialmente. Ma la crescita quantitativa non è mossa da quello che potrebbe immaginarsi come una sorta di istinto di riproduzione. La sua estrema semplicità di struttura gli consente di non incorrere in rotture o fratture. IL suo processo una volta appare inarrestabile come un masso che crea una valanga. Fermarlo si può. Ma non tentando di fermare la sua chimica di moltiplicazione. Lui non chiede semplicemente di essere ospitato nell’organismo ma di sostituirne le parti che gli interessano. Un ordigno biochimico che solo coi sistemi della biochimica si può combattere. Altro fattore: la sua crescita nei diversi organismi, quindi la sua diffusione sul piano sociale. Secondo le valutazione che mettono insieme valutazioni epidemiologiche e statistiche la crescita è pari al raddoppio ogni tre giorni. Isolamento e sistemi farmacologici servono a fermare la prevedibilità di questa ascesa. Il diagramma di crescita lo si apprezza in rapporto a due linee. Ma si tratta di due calcoli di proiezione sugli effetti futuri. La linea reale di crescita o decrescita mostra la coerenza a quelle due valutazioni, non dà alcuna performance effettiva al virus i cui numeri reali sono sconosciuti. IL suo mistero pare continuare anche al momento della sua affermazione. I contagiati sono incerti perché se fossero stati fatti tamponi a campione al suo presentarsi si sarebbe riusciti ad apprezzare veramente la sua diffusione potenziale. Quelle che vediamo oggi sono rilevazioni random. Le verifiche sono effettuate a richiesta, ad impressione, a soggetti esposti, a verifica sociale casuale. Anche i decessi sono calcolati in Italia sui grandi numeri. È sufficiente che il deceduto abbia avuto una concausa di coronavirus al momento della dipartita per inserirlo nel novero dei malati che ne sono affetti. In questa prospettiva dovremo abituarci all’idea di convivere con questo virus e contenerlo nei suoi effetti come ospite sgradito, ma i cui effetti sono limitati nel tempo: si spera negli aggiornamenti farmaceutici, nel vaccino, nell’effetto della cosiddetta “immunità di gregge”. IL comportamento farmacologico adeguato contro il coronavirus suggerisce una revisione dei comportamenti ordinari: la consapevolezza, cioè, che non abbiamo le protezioni in cui speravamo. Questo virus ha piegato il mondo. Ci ha fatto scoprire che le nostre strutture di contenimento non sono così forti come pensavamo. Sistemi sanitari nazionali, sistemi di auto-esclusione dal resto del mondo… Qualsiasi barriera eretta non funziona. IL nemico dovremmo imparare a riconoscerlo e affrontarlo sul campo diffidando da come si presenta, come primo aspetto. Significherà diffidare dalle apparenze. Trattare qualsiasi elemento che si incontra con il suo potenziale cangiante. Ma sarà semplicemente addivenire a coscienza operativa di quello che abbiamo sempre saputo. Ciascuno di noi non è uno ma un molteplice. Il molteplice delle nostre società non si può mai tradurre in un’unità granitica. Ma cosa più importante nella dissoluzione dell’unità costitutiva del nostro esserci dovrà sostituirsi l’insieme di struttura dal suo elemento costitutivo. Ma anche questo potrebbe essere cangiante e così all’infinito. Ma in questo continua possibilità di cambiare, mutare aspettarci anche il meglio. E soprattutto, prendere ogni cosa per il molto che questa può essere. Mai più come unità distinta. Ce la faremo.