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15 luglio '20 - Etica
Sono pubbliche le autostrade?
La vicenda Aspi dice meglio di ogni altra qual è la condizione del paese e la vera condizione di cittadinanza dei suoi sudditi


Vent’anni dopo la privatizzazione lo Stato torna azionista di controllo del gestore delle Autostrade. Ma autostrade sono dello Stato. Qui ci si incastra su un gioco di omonimia tra il nome comune e il nome proprio: autostrade. Secondo il nome comune si guarda a una proprietà pubblica. Secondo il nome proprio a una proprietà privata che comunque continua a gestire l’omonima pubblica. Quando si chiede: di chi sono le autostrade? Sicuramente si risponde: pubbliche. Ma quando si chiede: chi ci guadagna? Si deve rispondere: i privati. La Cassa depositi e prestiti compra azioni di una società che ha avuto profitti garantiti e ingiustificati. Entrare in Autostrade da parte dello Stato significa fare investimenti che i Benetton non hanno mai fatto. La rete versa in condizioni preoccupanti. E c’è da temere che il Ponte Morandi sia stato solo il primo segnale sintomatico di qualcosa che non funziona più nel suo complesso. Infatti altri quattro viadotti, sempre nei pressi di Genova, hanno una condizione di “alto rischio”. A dirlo una ricerca effettuata dalla Procura ad ottobre 2019. Dopo il teatrale incontro fiume del Consiglio dei ministri, è successo quello che doveva succedere. I Benetton ridimensionati ma non estromessi. Prima si addiviene all’ aumento di capitale di Autostrade per l’Italia (Aspi). D’altra parte la Società aveva già perso tantissimo per colpa del Covid, circa un quarto dei propri ricavi. Saranno compensati da Cassa Depositi e Prestiti, insieme ad altre istituzioni finanziarie per arrivare alla maggioranza del capitale. Quindi Aspi esce da Atlantia. (Atlantia è la società dei Benetton che gestisce autostrade, aeroporti e servizi legati alla mobilità). Autostrade per l’Italia tra sei mesi, massimo un anno, sarà quotata in Borsa. Sarà trasformata in public company. Cassa Depositi e Prestiti diventerà l'azionista preponderante. Atlantia, quindi, verrà ridotto a socio di minoranza. Si prevede una quota del 10-12% che dovrà ulteriormente assottigliarsi. I Benetton così non avrebbero un rappresentante nel nuovo consiglio di amministrazione di Aspi. Ma tutto fa supporre che non si tratti dell’ultima puntata della narrazione che ha inizio il 14 agosto 2018, quando crolla il ponte Morandi di Genova, gestito da Autostrade per l’Italia. Allora i Cinquestelle annunciarono la revoca. Come dargli torto? Troppo grande il danno per incuria di un soggetto che invece di manutenere un’infrastruttura si era preoccupato in venti anni solo di incassare e di distribuire i dividendi. Una linea confermata nel luglio 2019, quando il ministero dei Trasporti nel suo rapporto segnalava la realtà del sicuro contenzioso giudiziario, ma anche le fondate ragioni della revoca e la ponderata prospettiva di avere ragione nelle massime sedi giudiziali. La vicenda che fa impressione in questo disastro tutto italiano è che ci sono arresti tra i dirigenti di una controllata di Autostrade per falsificazione dei verbali. Pare avessero addirittura mosso azioni affinché fossero disturbate le frequenze per evitare di essere intercettati… In queste condizioni come si può dire che non ci sono tutte le condizioni per revocare la concessione? Quale tribunale potrebbe dar torto al governo? Ma come si pone un qualsiasi utente di un’autostrada italiana a pagare il pedaggio? È una consolazione la diminuzione del suo costo? Quanto è stato pagato finora ha abbondantemente pagato e ripagato i costi della realizzazione dell’opera. Denari che sono ritornati anche allo Stato in termini di prelievi. È la situazione in cui si prende coscienza di come la democrazia consista in uno stato apparente e come il cittadino sia in definitiva il suddito che ha perso la nozione di quel che è suo in termini di accesso nei confronti di ciò che esorbita dallo stesso uso privato dei propri beni.