ilnardi.it
31 agosto '22 - Storia
Mikhail Gorbaciov
Mancava da circa trent’anni, quando si dissolse l’illusione del capitalismo di Stato


L’ex presidente dell’Unione Sovietica si è spento a Mosca, oggi, mercoledì 31 agosto. Aveva 91 anni e da tempo era sofferente di diabete con complicanze renali.

Il suo nome resta scolpito nella Storia per due parole chiave ancora utilizzate in condizioni ordinarie. “Perestrojka” e “glasnost”. Con questo ultimo termine si intende “trasparenza”. Glasnost è la rivoluzione che voleva imprimere all’irreversibile corso assunto dal PCUS, partito comunista sovietico, dove erano espressi gli editti ma non la dialettica interna che li aveva promossi. Trasparenza, quindi, nelle decisioni. Trasparenza nei funzionamenti dello Stato oramai totalmente assimilato al partito unico. Trasparenza, quindi, anche negli stili di vita. (Era praticata abbondantemente la vita da nababbi di molti leader comunisti del tempo).

Con Perestrojka invece si intendeva la ristrutturazione che però corrispondeva a un processo faticoso, consapevole di sé e capace di tenersi in piedi sulla base dei presupposti fondamentali in cui era nato il “processo storico del socialismo reale”.

Si trattò di un’autentica bomba che dalla metà degli anni Ottanta rilanciò l’immagine del socialismo reale nel mondo ma non rafforzò minimamente la crisi di cui il governo monopartito soffriva nella società russa, così come il dissenso, risentimento e rabbia oramai fortemente provate dalle giovani generazioni nei confronti del regime. La recessione sull’economia reale che viveva l’Unione Sovietica in quel tempo non ammetteva indugi o tempi di discussioni in tutto il paese. Bisognava andare avanti e fare in fretta. E Gorbacev chiese per questo aiuto al mondo.

L’attenzione fu garantita. Ottenne il disgelo tra i fronti che nel frattempo avevano accentuato le loro differenze con il mondo degli States, invece avvinto da una spinta neoliberista con Ronald Reagan e Bush.

La data fatidica che risponde al simbolismo della sua figura consiste nell 9 novembre del 1989, quando la gente di Berlino va in assalto del muro che divideva la città in due per determinarne nettamente le due diverse influenze determinate dagli eserciti vincenti. Da una parte la Berlino occidentale, le cui libertà erano garantite dagli Stati Uniti, dall’altra la parte Sovietica. Cade così il muro di Berlino in virtù della liberatoria concessa da Gorbacev. La gente di Berlino, quindi, non attende altri proclami. Si avventa su questo simbolo per ritrovarsi in un abbraccio per la ritrovata unità nazionale.

Paradossalmente tutto questo però indebolisce l’immagine di Gorbacev, sia in casa che nel mondo. Due anni dopo l’Unione Sovietica vive una grande crisi che degenera con la fuga ordinata dall’esercito sul leader Gorbacev oramai finito in disgrazia nel suo stesso Parlamento e rovesciato da un autentico colpo di Stato.

Ma la carriera di leader assoluto dell’Unione Sovietica di Gorbacev è segnata nella Storia anche per l’invio dei carri armati in Lituania e il disastro di Chernobyl. Nondimeno ebbe il premio Nobel per la pace nel 1990.

Oggi pare che i notiziari delle emittenti russe passino la notizia sullo sfondo. Continua per lui l’applicazione del famoso motto: “nemo propheta in patria”. Senza improbabile glorificazioni, Gorbacev resta una delle figure più complesse e controverse del Novecento. Commovente la sua immagine negli ultimi anni come ambasciatore di pace, ma è sul fronte sovietico la ragione della mancata valorizzazione della sua immagine nella Storia recente.