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28 dicembre '22 - Semiotica
Le parole di La Russa l’indignazione corrente
Un’occasione per interrogarsi sul senso del nostro sentirsi liberi e sui confini del dire


La parola libertà con le diverse declinazioni del suo senso si presta a due grandi diverse collocazioni. Chi pone la libertà come bene universale e necessario, quindi al di sopra delle altre concezioni. Ma anche al di sotto, nel senso che le concezioni non si possono dare se non sussiste la libertà. Pertanto il porsi in questi termini deve distanziarsi dall’essere messo in relazione con altre concezioni del vivere sociale. In questa visione sarebbe la libertà fondamento di ogni altra concezione. (Per tanto indiscutibile di per sé). Discutibile solo nei termini in cui si afferma, in senso assoluto, indiscriminato o nella ricerca di trovare quei discrimini in grado di affermare sé stessa. Uno di questi è il senso del limite – la libertà soggettiva si estende fino alla libertà dell’altro, o meglio alla possibilità di invadere altrui campi di interesse.

L’altra significazione di libertà la pone come semplice concetto in relazione ad altri concetti del vivere sociale. Quindi libertà si anteporrebbe al senso del totalitario, oppure a una moralità costrittiva, ma anche a una democrazia super erogativa ed eccessivamente limitante per il soggetto sociale troppo stretto nelle maglie del dovere sociale.

In sostanza quando si parla di libertà si sottendono queste due grandi famiglie di significazione.

È imbarazzante dover affrontare il tema della dichiarazione di Ignazio La Russa e dover ricordare che per entrambe gli usi categoriali del termine, in entrambe i casi si arriva alle medesime conclusioni.

La Russa ha perfettamente il diritto di rivendicare la sua appartenenza all’Msi perché questa è effettivamente la sua origine. E non conta tanto stabilire il fatto che la rilevanza dell’Msi guardava alla negazione di un ordine democratico o no. Non conta se sia vero o meno. Non conta nemmeno se effettivamente, come ha detto La Russa, l’Msi fu pilastro della democrazia contro l’affermazione dei comunisti in Italia, in Europa e nel mondo.

Conta semplicemente che lui ha il diritto di dirlo, tanto più che non esistono prove fattuali per confutarne la sua verità. Anche se l’affermazione che il neonato partito dell’Msi fosse formato dagli eredi della Repubblica di Salò, l’essere stati inseriti nell’alveo democratico ed essere stati effettivamente funzionali alla Dc contro l’avanzata dei due grandi partiti di sinistra gli dà questo ruolo innegabile. Piaccia o non piaccia.

Ma anche se questo non fosse effettivamente vero, deve rimanere verificata la sua possibilità di dirlo o di crederlo nei termini in cui è stato detto, anche qualora – come alcuni sostengono – l’Msi si faceva promotore di valori autoritari e antidemocratici. Consiste nella virtù di chiunque riconosca lo status di un pensiero libero in una società organizzata, la possibilità di affermare i propri convincimenti anche qualora andassero contro quel senso di sostanzialità in cui il pensiero libero si fa culla di ogni pensiero.

Ma qualora si rifiutasse questa ipotesi - considerando il libero pensiero un’affermazione teorica tra le tante e come tante discutibili e rovesciabili – la possibilità di dare quella asserzione consisterebbe in un banco di prova per la praticabilità di questa concezione.

È così che l’asserzione di Ignazio La Russa dice molto di più di quello che ha detto. Mette in movimento, invece, il pilastro del nostro recepire sociale di cui il senso della libertà è motore, sia che fosse concepito come parte in causa sia che fosse interpretato come sua condizione implicita.

È una solita discussione che può tradursi in una discussione solida. Il tema però non è l’Msi ma la forza dei pilastri del significato di libertà sui quali riteniamo consistere la nostra ordinaria esistenza reale.