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16 giugno '23 - Semiotica
I quattrocento anni di Pascal
L’Università Gregoriana dedica un convegno al razionalista che è riuscito a irretire anche Santa Madre Chiesa


Utilizzato odiernamente per il comune motteggiare ad uso Social, il filosofo francese non è mai passato di moda. La sua fortuna però è sottodimensionata rispetto all’età della tecnica. Era nato il 19 giugno del 1623 a Clermont Ferrand e in quel risveglio della razionalità che finalmente riusciva a superare il buio ossessivo della Santa Inquisizione avrebbe meritato maggior fortuna nei tempi attuali. Potrebbe ritenersi un vero e proprio profeta della razionalità superiore che un altro spirito di ragione spesso non ascolta. Suo il famoso motto “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Ma in questa frase fortunata non si nasconde l’intuizione di due regioni ben distinte della decisionalità quali quella presente tra il mondo delle pulsioni e quello del Super Ego?

Così esprit de geometrie compatibile o avverso all’ esprit de finesse sono al centro delle controversie umane, sia individuali che collettive.

Ma sarebbe un errore la lettura del filosofo nel senso di una delimitazione di ambiti. Pur avendo avuto il merito di riservare alla Scienza di guardare a un campo del tutto nuovo da preservare alla ricerca vera del sapere in terra per concentrare l’attenzione della riflessione scaturita dalla tradizione teologica, sarebbe un errore leggere Pascal come un geometra di spazi delimitati tra sapere e connettere.

“Vanità delle scienze. Nei giorni di afflizione, la scienza delle cose esteriori non varrà a consolarmi dell’ignoranza della morale; ma la conoscenza di questa mi consolerà sempre dall’ignoranza del mondo esteriore”.

Il pensiero riflettente e il pensiero determinante di kantiana memoria scaturiscono da dinamiche psichiche tendenti a sovrapporsi ed impossibili a decifrarsi in termini di origini di provenienza.

La riflessione su Dio, quindi travalica la sua esistenza reale perché non si pone come problema di conoscenza.

«Esaminiamo allora questo punto, e diciamo: “Dio esiste o no?” Ma da qual parte inclineremo? La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito. All'estremità di quella distanza infinita si gioca un giuoco in cui uscirà testa o croce. Su quale delle due punterete? Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due. Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla”.

La scelta agnostica –sembra dire - corrisponde alla opzione onesta.

“No, ma io li biasimo non già di aver compiuto quella scelta, ma di avere scelto; perché, sebbene chi sceglie croce e chi sceglie testa incorrano nello stesso errore, sono tutte e due in errore: l'unico partito giusto è di non scommettere punto”.

Ma nella “mondità del mondo” si pone quasi un imperativo teso a prender parte.

“Sí, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato. Che cosa sceglierete, dunque? Poiché scegliere bisogna, esaminiamo quel che v'interessa meno. Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare nel giuoco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità. La vostra ragione non patisce maggior offesa da una scelta piuttosto che dall'altra, dacché bisogna necessariamente scegliere. Ecco un punto liquidato. Ma la vostra beatitudine? Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell'esistenza di Dio. Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste”.

Si pone come primato etico quello della scelta teologica. Ma non assurge a scelta di conoscenza che era il problema da cui erano nate le sue riflessioni. Ma si tratta di una scelta annoverabile nell’ambito di una scommessa che si perde nel resto delle scelte discutibili da fare in vita.

Lo stesso argomento in dettaglio: Esistenza di Dio.

Pascal inizia affermando che l'esistenza o l'inesistenza di Dio non possono essere provate dalla sola ragione umana. Tale posizione differisce sia da quella di dottori della Chiesa come Anselmo d'Aosta e Tommaso d'Aquino, sia dall'attuale dottrina della Chiesa cattolica, stabilita dal Concilio vaticano I.

 

Assumendo che la ragione non possa determinare l'esistenza o l'inesistenza di Dio, secondo Pascal è necessario "scommettere", considerando la scelta più conveniente tra le due alternative equiprobabili. L'assunto pascaliano è che, esistendo, l'uomo è costretto a scegliere tra il vivere come se Dio ci fosse e il vivere come se Dio non ci fosse; nessuno può rifiutarsi di prendere posizione, poiché il non voler scegliere è già una scelta negativa.

Quella razionale da cui era partito per affrontare in nuovi termini il problema-Dio si rileva come un ambito inadeguato per arrivare a conclusioni credibili.

Non si può avere una conoscenza geometrica di Dio. E se non la si può avere geometrica, non è detto che non si possa avere conoscenza in altro ambito di approfondimento. Ed è su questa scorta che probabilmente Papa Francesco ha teso a rivalutare la sua figura nella famosa intervista ad Eugenio Scalfari.

E l’attualizzazione di Pascal ai giorni nostri potrebbe guardare a questo diverso ambito, non solo per il problema-Dio. D’altra parte quel sapere geometrico e fisicista inaugurato nel Seicento ha fin troppi problemi nel mantenere la sua rotta per dedicarsi a una questione millenaria e puramente ipotetica.


(Blaise Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino 1967)