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16 luglio '23 - Estetica
Djokvic come Muhammad Alì
Nello sport c’è chi entra in competizione solo con l’avversario ma c’è anche chi prende il pubblico come avversario


La sceneggiata di Novak Djokovic. Non si parla d’altro. In secondo piano la sua nona qualificazione alla finae di Wimbledon.

La sua reazione alla contestazione del pubblico probabilmente per rompere la sua concentrazione per favorire Jannik Sinner continua ad essere chiacchierata sui Social. Il quarantacinquenne non perde il gusto di far parlare di sé per motivi non relativi al tennis ma a ciò che gli rotea attorno.

IL serbo è attento a fare il servizio. Siamo sul 5-4 in favore di Sinner. Sta sotto per 15-40. Prima risponde con un ironico applauso a un tifoso chiassoso a lui avverso. Dopo un po’ recupera e fa suo il game.

Ed è lì che finge il pianto allungando l’ironia dell’applauso.

Il mondo italico sinneriano si indispettisce perché non accetta di essere irriso da un pluricampione del mondo. Forse perché vorrebbe partecipare ad onorarlo e invece si trova tagliato fuori. Se si decide di star nel ruolo del tifoso si debbono sopportare anche i contraccolpi. Ma l’irrisione degli altri tifosi è il qualcosa che fa parte del gioco - Ci si salva con risposte, allusioni, contro-sarcasmi. È quando il tifoso si accorge di sprofondare nella realtà del mito che arriva lo smarrimento. La prima ragione di sconcerto consiste nel cercare di capire se nel ruolo di tifoso si è entrati nella realtà o nel mito. (E quali porzioni di mito e di realtà abbiano i due ambiti). La seconda ragione di sconcerto sta nel dover apprendere che quel mito che sta lì invece è uno di noi, interloquisce, replica, sta sul botta e risposta. Ce ne aveva data dimostrazione anche precedentemente con le sue anomale prese di posizione sulle cose semplicemente presenti: la realtà del contagio e l’obbligo del vaccino, la posizione sulla scienza fino alle vibrazioni delle Piramidi… Non si capisce bene se non si accetta della persona di enorme talento il fatto di non esser altro che un coglione qualsiasi, Quindi il non esser salvati dal fatto di esser meritevolmente famosi: se si è coglioni lo si è e lo si mostra.

Oppure se quel gesto faccia parte integrante del suo esser campione. Djokovic ha bisogno dell’urto polemico col pubblico trovato per darsi propellente tale da superare un’impasse e raccogliere l’energia propulsiva della spinta per vincere.

Detto così, sarebbe meglio, allora, se il pubblico non ci fosse. E infatti c’è solo per dare benzina al campione che rischia di trovarsi senza motivazioni. Un comportamento simile lo ricordiamo in Muhammad Alì. In Maradona. Ed è anche per questo che restano. Non se ne vanno.