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04 agosto '23 - Etica
Diciannove anni al blogger
“Se mi uccideranno, non arrendetevi”. Nell’età della tecnica si ordisce strumento di repressione prolungato rispetto la morte.


La sentenza comminata all’oppositore Alexei Navalny, in definitiva appare mite, data la mole di repressione ben nota sussistente in Russia. La sua condanna da parte del tribunale di Mosca a diciannove anni risulta minore dei venti richiesti dal pubblico ministero. La motivazione della sentenza consiste nell’ “estremismo” di cui Navalny ha dato prova. Le sue imprese sono moltissime, tutte, secondo il Tribunale, tese a creare una comunità estremista.

Dire che sia un oppositore al regime di Putin in patria suona come un’attenuazione. Navalny è molto di più. Con le sue attività di denuncia e di pubblicazione del dissenso imbavagliato in Russia vuole essere un monito ai suoi concittadini, di fatto acquiescenti e proni al regime qualsiasi cosa chieda il regime. Parte da una prospettiva nazionalista e liberale e ha detto di voler ricondurre Ucraina e Bielorussia sotto la Russia. Ben diverso dai dissidenti sovietici d’antan non può esser preso a emblema da parte dell’Occidente. In ciò segna la sua impoliticità o, semmai, la sua astuzia. Lui non si pone come nemico ideologico del sistema quanto invece un suo estremista. Però ha anche detto che la Russia dovrebbe trovare un modo per convivere con la sfera Nato e che la logica dei due fronti è caduta con lo smantellamento dell’ideologia di Stato Russa. C’è però un’ideologia di Stato ancora in piedi ed è il liberalismo e nel ricordare al mondo di aver vinto potrebbe chiedere a ciascuno dei nuovi adepti di pagare pesante pegno.

Strizzando l’occhio al mondo liberale si è dichiarato a favore dei matrimoni gay

Viene da chiedersi: chi è Navalny? Come sarà ricordato dalla Storia? La risposta alla mancata adesione del mondo occidentale al suo infaticabile impegno si spiega facilmente con le sue prese di posizioni iper-patriottiche: non molto chiare, forse strumentali, sicuramente conseguenti ad una sua antipatia tanto da allontanarlo a farne un uomo-simbolo.

Dopo il tentativo di avvelenamento tre anni fa si è avvicinata ancor più l’associazione della sua figura a quella di vittima. Subito è scattata la macchina della propaganda solidaristica. Gli viene consegnato il premio Sacharov nell'ottobre 2021. David Sassoli per l’Unione Europea parla di Naval'nyj come uno che "ha combattuto instancabilmente contro la corruzione del regime di Vladimir Putin. Questo gli è costato la libertà e quasi la vita". Ma dalla “madre Russia” non si commuovono: definiscono Naval'nyj: "terrorista".

Ma il dato che gli esperti dovrebbero spiegare (o lui stesso se potesse parlare in modo veramente libero) consiste nelle ragioni per cui l’esponente irriducibile accetti di tornare a casa il 17 gennaio 2021 dalla Germania dove era in cura. La risposta facile consiste nel fatto che sicuramente le autorità russe esercitavano una forma di pressione nei confronti dei suoi familiari e amici, tanto da costituire un vero e proprio ricatto. L’effetto del suo arresto però sicuramente è calcolato dallo scacchista Naval'nyj che nel suo paese trova finalmente un movimento di protesta a suo favore. Ma non basta. Dopo un mese inizia lo sciopero della fame per essere ricoverato di tubercolosi. Si muovono finalmente i deputati russi a cui sicuramente va poco a genio l’immagine della Russia come un paese che stronca l’opposizione. Chiedono a Putin di dare cure mediche a Naval’nyi. Siamo a metà aprile 2021. Due mesi dopo, il ritorno in carcere dopo aver recuperato dalla devastazione della malattia e dello sciopero della fame.

Comincia però lo smantellamento della rete di opposizione da lui creata. Ed è qui che raccoglie i riconoscimenti dall’Occidente ricordati prima.

Il dato da comprendere ora è quanto la pubblicistica occidentale saprà dare risalto a questa sentenza che evidenzia, se ce ne era bisogno, lo stato di repressione normalmente vissuto in Russia. Certo che Naval'nyj non riesce ad essere un esponente simpatico. Il suo pensiero forse fa rabbrividire ancor più di quello di Putin. Ma proprio per questo l’Europa di Voltaire dovrebbe fare di tutto perché lui possa esprimersi. Ma se il senso del beau geste lo avvicina a noi, il sospetto dei suoi tatticismi da scacchista e il suo nazionalismo più intransigente dei suoi governanti lo allontanano.

Del resto, chi ci potrebbe spiegare Navil’nyi meglio di Navil’nyi? E il suo astenersi dal farlo rendono le sue innumerevoli gesta eroiche degne di considerazione, ma isolate politicamente. Tanto che il personaggio resta indefinibile se non con il suo nome.