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26 settembre '23 - Estetica
Cinquanta anni
Oggi si ricorda Nannarella, inarrivabile interprete della coscienza civile italiana


Esattamente cinquanta anni fa moriva a Roma Anna Magnani. Aveva 65 anni. Era un mito in Terra. L’esser stata la prima attrice non inglese a vincere il Premio Oscar nel 1956 per La Rosa Tatuata. L’aver interpretato in Roma Città Aperta con la famosa scena in cui insegue disperatamente il camion di soldati tedeschi che hanno preso il marito. L’interpretazione della madre sognatrice e apprensiva nel film Bellissima di Luchino Visconti (1951). E poi la magica interpretazione della protagonista nel film di Pier Paolo Pasolini Mamma Roma (1962). Ma resterà stagliata nella memoria di tutti anche per un suo cameo nel film di Federico Fellini Roma (1972) in cui risponde al regista che le chiede di seguirla: “noo, nun me fido!” Anna Magnani fin dall’inizio si impose non come semplice interprete. Lei costruiva la sua parte. Chiedeva costantemente al regista degli innesti con frasi, inquadrature, piccole varianti da lei supposte e di cui chiedeva l’approvazione. Era nata come una maschera, ben diversamente da un’attrice pura e semplice. Lei, come Totò, come Eduardo De Filippo, hanno inventato una stagione nuova, sia dentro il neorealismo che nella voglia di affermare talenti, narrazioni, immaginario generale del nostro paese. Oggi la si celebra giustamente perché ha concorso a delineare un profilo del nostro paese uscito dalle macerie della guerra mondiale e col complesso di colpa di aver inventato il fascismo. Chi meglio di una donna? Chi meglio di lei nel dare corpo a un’immagine di innocenza originaria ma non riducibile alla resa bensì indomita: una combattente. Meglio una figura femminile per condensare questi aspetti. Diversamente dalla paradossalità pura di Totò, dalla riflessione poetizzante di Eduardo De Filippo, ma anche della malinconia crepuscolare di un Mastroianni o dalla voglia di farcela con ironia e il cialtronismo dell’italiano medio del grande Alberto Sordi. Lei ha potuto rappresentare il volto migliore dell’Italia che si presentava al mondo. Come donna non aveva conti in sospeso, non aveva colpe da farsi perdonare, ma quello sguardo che guarda fisso al centro della drammaticità dell’esistenza per trarne il solito insegnamento: percorrerla è l’unica possibilità che abbiamo per ri-viverla e in questa rappresentazione trarne un momento consolatorio. Ed allora, forse per la prima volta, la bellezza di Anna Magnani, non era nelle solite linee estetiche dell’eterno femminino che si offre come redenzione in terra al mondo maschile. Piuttosto la voce della coscienza più profonda che, guarda caso, sono coniugate al femminile. IL fatto che oggi sia celebrata, non solo ricordata, dà tutto il senso di questo momento coscienziale ancora in atto, non tramutato in ragione.