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28 settembre '23 - simboli
La mela di Emma
Retrospettiva di uno spot fortunato


La maledizione di un lancio pubblicitario è che tutti ne parlino. Si entra infatti nel contesto delle cose dette - o non dette - nel cortometraggio. Si perde di vista il brand che vuole essere pubblicizzato. Questo è il rischio consapevolmente corso dal conosciuto marchio commerciale alimentare nella promozione di questa pubblicità televisiva sicuramente elaborata e costosa.

Innanzitutto il cortometraggio cita un’altra pubblicità. Quella in cui la mamma perde (anche lei) la figlia nel supermercato. La figlia in questo caso si chiama Anna. Quella di questo altro supermercato si chiama Emma. Nomi brevi, per figlie che tendono a perdersi - come voleva il Massimo Troisi nel finale del film in cui imponeva il nome “Ugo” al figlio in predicato di arrivare.

Quindi, Emma, come Anna, si perde. Ma le loro fughe non sono a caso. Non sprofondano come Alice nel Paese delle Meraviglie o dentro lo Specchio. Emma e Anna sanno cosa vogliono. Anna, il suo bene diretto: il budino - a cui è direttamente dedicato il lancio pubblicitario. Emma il bene della ricostituzione di un armonico familiare disperso (ben diverso dal marchio che si vuole promuovere). 

Ed è Emma a congetturare l’ordito dell’inganno della mela. Solo che, a differenza della tradizione biblica, quella mela da non violare era l’emblema di un ordine superiore, quindi imposto. Nel caso di Emma, a differenza di Eva, non c’è un ordine se non quello trovato e tutto da conquistare. Ed una condizione di questo tipo si può tentare anche di manomettere con il tentativo di mediazione.

La lusinga di Eva (altro nome brevissimo!) è rivoluzionaria. Vuole scombinare l’ordine costituito. Quella di Emma ci dice che quello in cui vive non è l’ordine. O almeno, potrebbe non essere l’unica condizione in cui si può stare al mondo. E che quindi due genitori che non si parlano possono iniziare a farlo.

Vero è che nelle condizioni di separazione occorrano quasi sempre elementi terzi. E' così che si può trovare  l’incipit del confronto. Non sappiamo dove ci porterà il dialogo ma non tentare di operarlo sarebbe un delitto verso noi stessi.

Quindi, abbiamo detto che Emma, nell'indurre questo dialogo, vuole spingere sul tentativo di creare il nuovo ordine per sé - Non vuole infrangerlo come Eva. Quello era dettato da un ordine superiore. E si capisce il tentativo rivoluzionario - 

Ma Emma vuole rilanciare su una nuova dinamica, quella che attualmente non vede nella sua vita. Difficile dire, quindi, quanto il suo tentativo sia ugualmente rivoluzionario - diversamente da quello di Eva - o quanto invece sia restauratore. Emma potrebbe dire a suo riscatto che l’ordine trovato non è imposto da nessuno. Ciascuno di noi trova un suo ordine e come tale lei tenta di predisporre le premesse perché si formi il suo.

Si può stigmatizzare il tentativo di Emma come restauratore  ma solo se si ha in uggia l’idea di Restaurazione. Emma invece combatte coi suoi strumenti per l’autodeterminazione e per creare a sé stessa ambiti nuovi di agibilità. Come possiamo negargli questo diritto?

Altra osservazione che è nel segno dei tempi consiste nella costruzione attenta di questa sceneggiatura. Scriverla perché fosse credibile è possibile se assegniamo questo ruolo a una bambina. Un bambino medio, tutto calcio, giochi e gare, non sarebbe stato credibile. Ed anche questo è il segno dei tempi.