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01 maggio '24 - Estetica
Se n’è andata la voce della Grande Mela
Paul Auster all’età di settantasette anni lascia la più brillante eredità letteraria dei nostri tempi


È l’autore di Trilogia di New York. Il capolavoro non declina dalle vicende umane dell’autore. Resta scolpito nella cultura comune dei nostri tempi offrendo, così come ancora offre oggi, spunti ripresi nel cinema oltre che in altre ispirazioni letterarie.

Impossibile stabilire le eredità e filiazioni lasciate da questo autore che ha creato i nostri tempi. Ha dato nitore e lucentezza alle allucinazioni come alle tiepide consolazione del sentire comune dell’Occidente. Potrebbe esser considerato un riferimento di quel processo sintetizzabile come “Tramonto dell’Occidente” a condizione che questa espressione non appaia come nostalgica e romanticistica.

Auster non era né l’uno né l’altro. I suoi personaggi sempre piantati nelle terre rispondono alle necessità di elevarsi dalla terra oltre poi ripiombarci come ricovero altrettanto voluto. E non si tratta di una figura dell’Eterno Ritorno o la descrizione di una frustrazione tesa ad elevarsi. Quanto della condizione tendenziale del nostro tempo. Vivere per emanciparsi dai suoi dettami e tornare in questa inevitabile condizione di lucida dis-speranza.

Follie di New York, così come la Trilogia dedicata alla stessa metropoli consistono nelle opere maggiormente menzionate ed emblematiche. Ma il suo lettore una volta diventato tale con uno qualsiasi delle sue stesure lo seguirà fino a Baumgartner, l’ultima pubblicazione.

È stato definito come postmoderno americano. La definizione sfugge alla prolificità visionaria dei suoi testi che non possono fermarsi alla dimensione filosofica di chi attinge ad esemplificazione classiche e attuali per ridare il senso dell’affresco ipersoggettivo del reale. La definizione anche se riesce a calzare sulla sua figura rischia di essere troppo inclusiva in un ordine e specie.

Con Paul Auster non si può parlare sensatamente di finalità consolatoria nell’arte letteraria quanto piuttosto di una sua sostituzione alle cose banalmente presenti nella quotidianità. Anche la sua vicenda umana è stata molto burrascosa funestata da lutti gravi. In Brooklyn Stories fa dire a un suo protagonista. “Lei ha la storia, e quando una persona è abbastanza fortunata da vivere all’interno di una storia, da vivere in un mondo immaginario, i dolori di questo mondo svaniscono. Perché fino a quando la storia continua, la realtà non esiste più”.

Ma la sua lettura salva il lettore dall’eccessivo coinvolgimento tanto da non correre il rischio di cadere in una realtà parallela perché la chiave di tenuta delle storie segue spesso una linea di inverosimiglianza della quale hanno preso insegnamento una miriade di sceneggiatori.

Nella prima vera opera in cui l’autore raggiunge la consapevolezza di sé -L’invenzione della solitudine – riesca a proporre una commistione indissolubile tra saggio, finzione e narrazione autobiografica. Città di vetro, Fantasmi, La stanza chiusa sono i tre logoi descrittivi che compongono la famosissima Trilogia. IL pretesto è la narrazione in forma di giallo, l’obiettivo sta tutto nel dare immagini alla disperazione visionaria dei nostri tempi. Altri capolavori come Moon palace, La musica del caso, Leviatano, Mr. Vertigo, Timbuctù e tanti altri gli consentono di raggiungere una notorietà unica di scrittore del nostro tempo.

Ma secondo il suo stesso giudizio il romanzo assoluto fu 4321.