ilnardi.it
26 settembre '11 - Pil
Basta con le chiacchiere su riforme e sviluppo!
Non c'è crescita senza cura dimagrante e allenamento. L'Italia che conta è costitutivamente stagnante, completamente diversa da quella che non conta, quella delle piccole imprese, quella di chi vive di lavoro

Sappiamo che il debito pubblico è al 120% del Prodotto interno lordo (Pil). Sappiamo anche che la pressione fiscale è vicina al 44%. Quello che una persona guadagna dal proprio lavoro quasi la metà se ne va in tasse e ritenute. Ci si chiede per quanto tempo si possa andare avanti, quanto sia stato poco pagante il silenzio del cittadino medio che in cambio di condizioni minimamente decenti di vita ha accettato in sessantasei anni la conventio ad escludendum e un'alternanza bersagliata da inchieste della magistratura e da una classe politica assolutamente immobile. Le scelte difficili nessuno le vuole fare. In politica si aspetta le faccia "l'altro", l'avverario, per poi guadagnarne i meriti. Riuscì alla Sinistra storica nel 1876 ma difficilmente certe operazioni riescono con machiavellica determinazione. 
Gli esperti parlano di un 2011 in cui non si supererà lo 0,7% di crescita. Ad aprile si stimava l'1,1% . Nel 2012 si scenderà allo 0,6%, rispetto all'1,3% delle precedenti stime e lo 0,3% previsto dal Fmi. Va detto, come accennato, che la credibilità degli economisti induce l'interrogativo su come riescano a guadagnarsi da vivere visto che non ne azzeccano una.

Le manovre di luglio e agosto da 59,8 miliardi a regime non riusciranno a pareggiare il proposito di pareggiare di bilancio nel 2013.
Inevitabile l'estensione dell'età in cui si potrà andare in pensione. Necessaria l'alienazione da parte dello Stato di una miriade di beni immobili, di presenza nelle partecipate, di elefantiasi per i cinque livelli di decisionalità: Comune, Provincia, Regione, Parlamento e Governo, quando ci sono anche Comunità montane e Città metropolitane (nella fantasia di alcuni). Tagliare coi gravami presenti nello Stato e passare all'incasso, snellendo la Cosa pubblica. In tal senso ha ragione Renato Brunetta quando, oggi 26 settembre, dice: ''Vendere, vendere, vendere'': e' la ricetta indicata dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, per lo sviluppo e la crescita.

''E' necessario  vendere tutto quello che non serve e il capitale che non rende e gli asset pubblici non strategici. Si potrebbero dismettere le public utilities di gas, acqua e spazzatura. Serve inoltre semplificare e comunicare la semplificazione''.