Da Fabio
Pistacchio
E così ci hai messo in un blog. Vecchio materialista, riesci almeno a ricavarci qualche quattrino? Scherzi a parte, arriviamo a noi.
Sui
sindacati vale quello già da me comunicato nella penultima e-mail, non vivono
in questo secolo,
hanno visione parzialissima, basata su presupposti ideologici e
populistitutti proiettati sulla generazione
del 50-60 con silenzio colpevole sui nati dell'80-90, erappresentano,
specie da noi
(noi Italia intendo), una palla al piede di qualsivoglia progetto verso
l'avvenire.
Marx e Ilic basavano la loro analisi, peraltro affascinante, su
presuppostiprivi dell'elemento
decisivo, la sostenibilità del sistema in base alle RISORSE, tema divenuto
evidente con l'integrazione alcapitalismo
di altri 3 miliardi di persone. (e si, perche in Cina si tratta di capitalismo
di stato).
La loro certezza di insostenibilità passava per considerazioni diverse ed anche
opinabili.
Questa passa per numeri oggettivi.
Ma il vero nodo è porprio quello a cui giungiamo entrambida direzioni
diverse.
il confronto tra finanza e produzione da un lato esovranità dei popoli
(potremmo chiamarla politica?) dall'altro.
Solo che c'è un problemino,.. si stimano le riserve negli off shore a 21000
miliardi di Euro, le prime 10 banche
nel mondo (sono quasi tutte banche d'affari) hanno profitti che sommati insieme
superano i PIL di svariati stati
sovrani e qui non stiamo parlando del Packistan ma di Francia Olanda ecc...
Insomma lo squilibrio tra le forze e le risorse del trust della grande finanza
e gli stati individualmente presi è
notevole e come tu hai giustamente osservato è stato più comodo farsi
foraggiare che affermareil pieno
diritto-doveredi pilotare le politiche economiche !!
Qui non si tratta di discutere il sitema capitalismo, altro
sistemadisponibile non c'è al momento, e non si tratta di
"passà a nuttata ".
Si tratta di reperire tempo necessario ad imbrigliare il processo in corso
riportandolo all'interno di dinamiche
sostenibili. (parliamo di anni)
Per me gli stati da soli non ce la possono fare...
Tutti insieme (almeno tutti quelli che ci stanno) chissà........
PS: L'Usa sta come noi nè più, nè meno, solo che la sede naturale della grande
finanza e della grande produzione
è lì,... quella è la stanza dei bottoni, e prima di demolire la casa dove
abitano questi signori peferiscono prima
prendere profitto altrove....
Risposta de il Nardi
Sono talmente poco materialista che non ci ricavo il becco di un quattrino. Solo operazione immagine. Immagine di che, poi? Immagine di stronzo. Non basta, ci vuole la puzza per essere al completo.
Sui sindacati: se è vero, come è vero, che vivono nellaltro secolo perché durano ancora? Semplice. Non hanno davanti una classe di potere in grado di interpretare il nuovo e nelle battaglie sono ancora vincenti. Vedi quella della Fiom sui licenziamenti e quella della Camusso sulla Fornero. Quindi prendiamocela con chi non riesce ad esprimere un protagonismo. Se cè una tendenza prevalente nel mondo non è detto ci sia un blocco storico in grado di interpretarla. Quindi manca la nuova classe di governo, manca allappuntamento sia quello che si potrebbe chiamare il neolaburismo inteso come forma progressiva per il socialismo applicato alle realtà nel terzo millennio che il neoliberalismo inteso come vittoria delle forze pulsanti della società e dellimpresa su uno Stato opprimente e schiacciante. Questo perché entrambi hanno vizi originari e mali coi quali non sono riusciti a fare i conti nella loro impostazione originaria. Nel neolaburismo cè la corsa allaccaparramento dei posti e dei beni al sole per i nuovi arrampicatori sociali che pensano poco al socialismo. (Ben diverso quindi dalla solita chiacchiera di massimalismo affibbiata a loro. Magari! Sarebbe troppo nobile). Il mondo neoliberale sconta il limite di aver stretto patti indissolubili con la secolarizzazione rappresentata dai poteri istituzionali (Stato e Chiesa) e non saperci più rinunciare, tanto da esser diventata anche nelle sue espressioni uno Stato o una Chiesa (vedi Confindustria). Dallaltra la piena indifferenza di fronte al limite, rappresentato comunque dalle leggi, da vincoli ambientali e paesaggistici. La volontà di essere degli esploratori come furono i primi capitalisti tre secoli fa. Questo oggi non si può. O meglio, non si può fare in Europa, si può fare in Cina. O meglio ancora, non si potrebbe. Tutte queste esitazioni che ho cercato di rappresentare in breve consistono nel balbettio della nostra classe politica al servizio dei portatori di interesse, ma non abbastanza spregiudicata da dirlo e farlo con evidenza, come si fa negli States.
Su Marx e Ilic, sorvolerei. Il discorso ci porterebbe lontano. Li ho citati provocatoriamente per metterli in consonanza alle tue posizioni. Ilic lo consegnerei tranquillamente alla Storia. Solo alla Storia. Il vecchio Marx andrebbe riletto, serenamente, pacatamente, e uscirebbe fuori un personaggio e un pensatore di alto livello ingiustamente imbarbarito in steccati puerili e faziosi. Peccato però che la sua analisi debba essere consegnata alla filologia del pensiero, allesegesi di una gran bella testa. E già avremmo fatto tanto, per quel che serve nel ricordare un grande maestro.