Probabilmente non si ricorderà mai più un
esponente politico dire tanto e indicare nulla. Questo il destino di Beppe Grillo politico. Questa è
la scaturigine del suo successo e in contempo il determinarsi dei suoi limiti.
Nelle sue parole guida la citazione del Mao tze tung di "Bombardate il quartier
generale!" (come identiche le nuotate per dimostrare vigore) ed in
contempo le strizzate d'occhio a Casa Pound, come l'acquizione dello slogan che
fu dell'Msi nel '93: "Arrendetevi!" Ricorda il dolciniano Salvatore ne Il Nome della Rosa. Reso demente
dalla repressione, il frate parla con tutte le lingue del mondo e muore
arso canticchiano una vecchia litania toscana acquisita probabilmente quando
era in fasce. Per entrambi siamo oramai a un livello basico di espressione. Una
grande occasione di studio per i linguisti generativisti alla Noam Chomsky.
Il finale di piazza San
Giovanni dal quale ci si
aspettava il colpo di cannone finale ha deluso. Una prima ragione consiste nel
fatto che l'affluenza non è stata altissima. Presente, il cronista, ha potuto
rilevare tante presenze di irriducibili di una certa sinistra agé. Non c'era la
società civile, non c'erano le persone comuni arrivate per ascoltare il loro
divo. Ed hanno fatto bene, perché i contenuti sono quelli espressi nei venti
secondi di spot elettorale che i giornali televisivi hanno puntualmente
dedicato all'ex comico per sei mesi senza riceverne compensi. Solo contumelie
per la stampa asservita al potere. Non si capisce bene il motivo, vista tutta
la risonanza avuta proprio attraverso il mezzo televisivo che, senza interviste
a pagamento, ha offerto il massimo del riflesso che poteva essere dedicato al nuovo
leader: la contumelia, la provocazione, la frase ficcante che funziona. E per queste
espressioni sono sufficienti pochi secondi. Non servono lunghe interviste, non
servono analisi, inutile l'approfondimento.
In questa versione anti-intellettualistica Beppe
Grillo aggiunge contenuti nuovi
alla politica. Dice innanzitutto che "questi politici sono morti".
E questo è vero, chiaramente si intende subito il valore morale
dell'espressione: l'incapacità di guardare agli interessi della comunità e di
sapersi battere per convinzioni proprie. Poi dice: "un'altra Italia
deve governare, la gente comune, la gente che lavora, avvalendosi al massimo
delle possibilità offerte dal web sia in termini di acquisizioni di
conoscenze, sia in termini di trasparenza". Qui entriamo nella
chimera. Gli italiani, come qualsiasi popolo, non intendono minimamente
autogovernarsi ma delegano delle persone che si offrono volontarie a fare
questo lavoro per loro, si chiama: "la politica come servizio". Il
fatto che la classe politica abbia sommariamente abusato di una condizione di
favore per prendere illeciti vantaggi, come quelli di ritenere il proprio stato
occasionale come rendita di posizione, non deve essere scambiato come istanza
di maggiore democrazia. Non ci sono segni per cui la società chiede maggiori spazi
democratici. Le prove di abbassamento dei livelli decisionali si sono
dimostrati ovunque deludenti. (La crisi della sinistra trascinata per tutti gli
anni Ottanta fino a Tangentopoli sta a significare proprio questo).
Grillo dice: "via l'Italia dall'Europa, via dall'Euro, no alla Tav"
... Disegna un'apocalisse mostrando un'impoliticità che esprime bene sé stessa.
Se veramente si volesse raggiungere questi scopi si troverebbero degli
obiettivi intermedi per iniziare dei percorsi di modifica. Allo stesso modo
della Lega che voleva la secessione ed ha formulato la proposta del
federalismo. Il fatto che si spari in alto dall'inizio, senza dialogo, senza
intravvedere interlocutori è il segno che questi obiettivo non si vogliono
raggiungere. Servono ad attestare una presenza, a lanciare un urlo, a tentar di
scomporre con la convinzione che ci sarà sempre qualcuno a rimettere
pazientemente insieme i cocci.
Un gioco pericoloso. Il vaso una volta rotto, non è detto che si ricomponga.
Non è detto che si ricomponga come era prima. Come un sistema democratico
vorrebbe.