Giancarla Frare ci ha abituato agli sconfinamenti. E come nel mito di quelle antiche carte dove gli ambiti extra territoriali venivano etichettati come terra dei leoni, Frare sconfina nella pretesa pazzesca di raffigurare l'indicibile. Inevitabile riuscire a guardarle solo in area intra-territoriale perché essere oltre significherebbe comunque esser-dentro, senza garanzie sul rinvenimento di un codice adeguato a dare espressioni nell'ambito della sensatezza, visiva o semantica. E allora la prima rinuncia consiste nel ricollocarsi in ambito di appartenenza. Un riferimento c'è. Lo conosciamo. Si tratta del leone scultoreo nell'Abbazia di Trisulti a Collepardo. Ma questa percezione ha la funzione di pre - testo. Un ambito di oggettivazione che serve esclusivamente a darci una dimensione di appartenenza originaria. Gradualmente, dalla prima raffigurazione in cui gli occhi dell'osservatore sono rigettati nella zona oscura del nihil negativum - quindi nella proiezione deiettiva del qualcosa - ci ritroviamo nella dimensione del bianco. Il leone si configura come i nostri nuovi occhi. Il leone non è più agente-potenziale ma agìto nel contesto del Nulla. Noi non possiamo dire nulla su dove ci porterà questa navigazione, sappiamo solo che facendoci prendere per mano da Giancarla Frare, gradualmente, il leone si configura in quello che originariamente era l'osservante. Il leone sono io. Solo che non esisto. E non solo perché sconfinare nella zona d'ombra produce l'inevitabile conseguenza dell'ineffabile. Bensì perché non era tanto importante il gesto, ma la sua disapprovazione. Non tanto l'atto bensì l'agente. Non il contenuto ma "il contenente". Ed è per questo che il leone si accorge di esser sempre stato solo utile a decorare, a indicare "il continente": il luogo dell'inesplorato. Inevitabile, quindi, l'offesa narcisistica. Il leone allora sarà destinato a permanere nell'ombra del suo podio, perché è il podio ad esser sostanza, non il campione. E' la torre l'esistente, non la sentinella. Quelle raffigurazioni che servivano a indicare il luogo del nulla appaiono molto più somiglianti al luogo dell'essere, dell'esistente. Più di quanto ottimisticamente ci eravamo immaginati prima di iniziare questo viaggio. Quel leone sono io e io sono quel nulla.