Sentenza e scienza fanno rima. Nessuno se n'è mai accorto. Non a caso nel Novecento le sentenze della scienza si sono sostituite ai dettami di fede. Non importa se vanno in converso alla vita reale, poco vale se la Relatività einsteniana non interagisce in alcun modo con la vita di tutti i giorni. Conta che le sue applicazioni hanno trovato conferma nell'osservazione dell'universo. E allora viene presa come un totem sapienziale. Cala sulla vita di tutti i giorni cercando un'applicazione che al netto della mancanza di sperimentazione effettiva della velocità della luce, si traduce volgarmente col più paraculo dei sensi comuni. "Sono stato con un'altra? No! La vedi tu così. Si tratta di una tua proiezione relativa al tuo mondo. Nel mio mondo invece ho amato e l'amore non ha confini". E via! Infinite sciocchezze di questo tipo.
Quindi
finora era la scienza ad emettere sentenza che non ammette cassazione. Se la
scienza dice che il malato ha pochi mesi di vita non conta se invece ne vive di
più o di meno. O addirittura ti salva. Conta il giudizio inconfutabile. E
allora la guarigione è interpretata come miracolo. E così via.
Ma negli
ultimi tempi, i giudici, depositari del potere di emettere sentenza, si sono
ripresi il loro potere. Ed emettono sentenza proprio in contrasto con chi
rischiava di sfilargli il piacere di dire l'ultima definitiva parola: proprio
loro, quelli della scienza.
Succede
così il 25 novembre al Tribunale di Milano dove un giudice condanna il
ministero della salute a versare un vitalizio a un bambino autistico la cui
patologia - decide il giudice - è stata causata da un vaccino. Quindi è il
giudice a decidere quel che tutto il mondo della ricerca non dice, anzi
confuta. Il giudice ritiene che il vaccino esavalente possa esser causa di
autismo e così emette sentenza. E non importa che i ricercatori di tutto il
mondo dicano il contrario. Conta quel che dicono loro. I giudici! Tutto avviene
però per l'inquietudine che attanaglia il mondo della ricerca, incapace a dare
voce univoca alle proprie conclusioni. Su questo tema il terremoto ci fu nel
1998 quando una ricerca pubblicata sull'autorevole periodico The Lancet
attestava di bambini soggetti ad autismo per cause addebitabili al vaccino
trivalente MPR. La connessione fu confutata e l’articolo ritirato. Ma da allora
il dibattito non si è placato. Da una parte, ci sono gli irriducibili che
additano al vaccino una possibile causa di autismo e la stragrande maggioranza
della comunità scientifica che attesta l’insussistenza di questa relazione. Ma
il vaccino per cui è stata emessa la sentenza non è lo stesso di quello
esaminato nel famigerato articolo di The Lancet. Il vaccino incriminato nella
sentenza di Milano è l'esavalente: InfanrixHexaSk. Il giudice ha comunque
deciso per la condanna.
La
Giustizia fa strame del dibattito in scienza. Un segno eloquente della vera
affermazione del potere che si staglia sulla forma di prevalenza nel mondo
della tecnica. Riesce a farlo per insipienza della scienza, per la sua
incapacità a decidere, per la sua divisione inevitabile, per il suo orizzonte
ontologico nel quale c'è la verità, quindi anche l'impossibilità di farsene
depositari.
Si dirà:
non il dominio!
- (Ma la verità è anche dominio) -
Un
dominio impossibile perché la verità si vela, non si svela
- (Ma è proprio lì che il potere propriamente
detto, il potere di chi giudica, riprende il dominio) -
Sono i
ricercatori e i medici, giudici nel mondo della tecnica, che sono sotto
giudizio del giudice. Succede quando le necessità dello stato di diritto
contrastano con l'inevitabile irresolutezza del sapere che non può essere mai
onnicomprensivo, universalistico e oggettivante. Ed è qui che lo Stato e la sua
legge applicata svelano il loro retaggio: il fatto di derivare da una teologia.
Nel Novecento il giudizio della Scienza si è sostituito al dio necessario che
precedentemente aveva tenuto le società organizzate secondo gerarchie. Ora è la
sovranità dello Stato che si riprende il ruolo di emettere sentenza. E lo fa
perché con la morte della Verità, dio è definitivamente morto dallo stato
comatoso in cui imperversava. Ma è assai in dubbio che lo Stato, come forma
organizzata del potere in una società, riesca a far da solo.