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24 febbraio '16 - pittori contemporanei
Patrizio De Magistris a via Margutta
L'idea è di bloccare eventi vissuti in un fotogramma, mantenendo però l'elasticità dei movimenti dei singoli attori in un contesto ambientale evocativo e caratterizzante


" La scelta di esasperare le anatomie, di costruire la composizione secondo linee guida dinamiche, di distorcere le figure in secondo piano e l'uso di colori puri e luminosi fusi da bruni e terre ".
Non dovrebbero esser necessarie parole. Ridicolo il tentativo di descrivere qualsiasi atto pittorico o espressivo. Qui non si vuole imprimere il fallimento dell'artista superandolo con le parole o con lo scritto. Non siamo in una visita guidata. L'esser dato dell'arte si pone al di là della sua datità. Ma è anche vero che pone l'osservatore nella circostanza di dare corpo alle immagini attraverso altri corpi: le significazioni lessicali. 
Solo in tal senso si pone la necessità del verbum - logos giovanneo - che nella rinuncia a descrivere il testo pittorico vuole invece porsi al suo fianco. Il tentativo consiste nel fare dell'atto espressivo occasione per investigare il senso delle cose, il motore che muove pulsioni e ne ripropone le suggestioni a distanza di tempo.
Nel vernissage di Patrizio De Magistris - aperto il 17 febbraio alla Galleria Vittoria in via Margutta 103 e che prevede di chiudere il 28 dello stesso mese - emergono le evidenze di questa stessa inquietudine. Sbaglierebbe se lo si inquadrasse in un ambito raffigurativo. Di certo non potrebbe essere categorizzato come concettuale, astratto, icastico, immaginativo ...
Patrizio De Magistris è l'artista che ha la rara impudicizia di metterle a nudo le emozioni che hanno significato la propria esistenza e, insieme, hanno caratterizzato l'immaginario della cultura di questo occidente oramai in decadenza e caduta. 
Nelle linee di Patrizio De Magistris c'è l'inquietudine di chi non vuole soccombere a questo senso della fine che appare ineluttabile. E l'unico modo per vivere è dare vita, chiedere vita, dare quel colpo di reni soffocato in Roma città d'arte delle reliquie, consiste nel dare luce alla propria luce.
Ne emergeranno le figure tipiche dell'immaginario di noi tutti. Come narra Umberto Eco nel suo romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana, il protagonista colpito da trauma cerebrale per rivivere e riviversi accende quelle luci che erano rimaste velate nel preconscio. E uscendo dal parallelismo di Eco, in Patrizio De Magistris non possono far altro che uscire le note caratterizzanti della musica del Novecento: B.B.King, un gruppo jazz qualsiasi in un night club qualsiasi, dimensioni felliniane rivissute cinquant'anni dopo e mai sopite. E come il maestro dei maestri ebbe l'improntitudine di metterle in piazza, illuminarle nella notte, esporne i chiaroscuri nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, Patrizio De Magistris le espone con tutta l'impeto di luci che non illuminano il ricordo, semmai lo ricompongono e lo trasformano ogni volta.
Una possibilità come questa deve esser data all'espressione pittorica quindi agli artisti veri di questa città.
La galleria Vittoria ha il merito di crederci e non recedere all'avanzata delle lavanderie, come delle pizzerie a taglio gestite da cinesi, nelle vie che hanno caratterizzato la fascinazione inimmaginabile di questa città. Non per nostalgia. Bensì per volontà di potenza. La stessa volontà che consente a Patrizio De Magistris di scavare dentro e buttare fuori.