IL 21 aprile 2016 è andato nuovamente in onda Rischiatutto presentato da Fabio Fazio dopo quarantadue anni. L'evento è stato accompagnato con una promozione gigantesca da parte di Fabio Fazio. IL suo motivo ricorrente della nostalgia, in questo caso, si rafforza con la valorizzazione dell'uso del mezzo televisivo seguendo standard pre-mediaset. Una televisione pulita, politicamente corretta, sempre attenta a trasmettere valori edificanti.
Ma questo ritorno segna una vittoria ancora più importante. La vittoria di Mike Buongiorno. In effetti al personaggio - che vive al di là della persona Mike Buongiorno, perché si identifica nel suo demone - credo si debba una scusa pubblica.
Quella per cui il presentatore televisivo fu stigmatizzato da Umberto Eco come emblema di un certo cretinismo. Tutti ridemmo. Tutti credettero al grande semiologo. E invece la storia ha dato ragione a Mike.
Primo, perché il suo rispetto e il suo buon gusto servivano ad accompagnare materie e saperi così diversi tra loro.
Secondo, perché i più si pongono davanti al sapere come spettatori e non potrebbe che essere così. E così era anche per Mike.
Terzo, perché in quell'Italia che voleva crescere e passava tra belle canzoni, governi balneari, e una crescita inesauribile era utile portare una versione della cultura come dimensione di svago. Non solo di accigliata nuova forma di classismo.
Mike vinse su Eco tre a zero. Noi tutti, io compreso, dobbiamo fare autocritica perché irridemmo Mike spalleggiando la persona che appariva più forte: Umberto Eco. Senza acrimonia. Serenamente. Pacatamente. Solo perché la storia ha bisogno di essere ripensata.