Tremate. È tornato! IL terrore della satira: preferire un personaggio caricaturale alle caricature dell'attuale.
Succede che una narrazione satirica insegni più di quanto possano fare cento manuali di storia o di psicanalisi. La figura di un personaggio della storia che legge l'attualità in modo fuori contesto non è una novità. È una novità assoluta che l'innominabile si muova in tutto e per tutto nell'attualità e svolga ancora una fascinazione aiutandoci a comprendere il ostro mondo.
In una serie di conferenze il linguista ebraico Saul Kripke nell'ipotizzare una tesi fortemente nominalistica - e cioè che tutti i nomi sono designatori rigidi che si relazionano a cose come nomi propri - fa una digressione su come certi nomi evochino idee chiare e distinte di per sé. Sono nomi che come i nomi propri non hanno alcun bisogno di una definizione, designano e impressionano. L'esempio degli esempi sta proprio in lui. Solo il nome acquisisce quei toni di esaltazione del male che ciascuno ha introiettato come traccia indissolubile (Nome e Necessità, ed. Boringhieri, pagine 153).
Ma se è questa stessa significazione forte a prendere parola? Se iniziasse a parlare di sé? E a farlo direttamente! Senza mediazioni della voce narrante, senza bisogno di un terzo che racconta quel che accade. Non ci sono testimoni o testimonianza per la narrazione.
C'è il mostro che è in noi. Ed il pericolo consiste nello scoprire che in fondo non è così mostruoso. Che gli effetti sortiti sulla realtà non sono meno grotteschi di quanto produca la realtà di per sé. Anzi, nel suo insieme, quel mostro offre una versione di sé che per l'essere libera induce elementi di liberazione. Tanto più dal giudizio.
IL libro descrive il timor vacui della nostra società nella quale si compenetra. Il silenzio di architravi alle quali affidarsi, gli effetti della dinamica stimolo-risposta che producono approvazione, sono l'humus sociale sul quale lui fa facile presa. Da una parte gli entusiasti, dall'altra gli iconoclasti. Sono queste le figure fondanti il modello dell'attualità nella quale lui in fondo si trova benissimo. Solo che queste figure si ricompongono nuovamente ogni qual volta cambia la figura che attiva lo stimolo-risposta. E un meccanismo così immediato pone problemi nuovi nella fenomenologia della psiche. Non più il rifiuto di quel meccanicismo dove l'uomo non reagisce mai in modo prevedibile alla dinamica stimolo-risposta, come aveva insegnato Sigmund Freud. O meglio, viene sicuramente meno la prevedibilità del meccanismo stimolo-risposta, ma questo non toglie che ci sia uno stimolo-risposta di tipo meccanicistico. Ed è il mostro che è in noi e ritroviamo fuori di noi a stimolarlo. Ed è il mostro a parlare. E la domanda allora se parla fuori di noi o dentro di noi. Ed è questo mostro ad essere simpatico. Lo stesso mostro non si spiega la dabbenaggine degli uomini del terzo millennio. Davanti a tanto allora non conta più la formazione. Non conta il sapere. Conta il “sapere già”. Avere piena consapevolezza del vulcano, avere la capacità di ascoltarlo e recedere dal tentativo di renderlo domestico o di metterlo nelle junghiane condizioni di dare cibo alla crescita della persona, è la scommessa. È lui ogni tanto che torna. È lui che decide per noi. Ed è sempre lui che, anche quando ci sentiamo ponderati e perfettamente presenti, valuta per noi.
Perché il valore non è mai del mondo ma di come lo percepiamo.
(Timur Vermes, Lui è tornato, ed. Bompiani, 445 pagine)