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09 maggio '18 - Aldo Moro
9 maggio 1978
Celebrare una data, rileggere la propria Storia facendo errori di dislessia


La moda ricorrente nei giornali e nei mezzi televisivi vuole rivedere due grandi momenti di cordoglio nazionale: le morti di Aldo Moro e di Peppino Impastato.
Nel caso di Aldo Moro la tendenza generale rivede la presa di posizione della fermezza rendendola responsabile dell'esito finale.
Nel caso di Peppino Impastato si ripropone la minestra riscaldata del cordoglio e del giusto orrore nei confronti della mafia, oltre che per la vicenda nello specifico.
Entrambe le letture vanno contro quello che il senso storico ci dovrebbe aiutare a vedere.
Nel caso di Aldo Moro si deve infatti ricordare che la posizione della fermezza, quindi della non-trattativa, era il comportamento imposto in ogni caso in cui c'era un rapimento e la richiesta di un riscatto. IL riscatto in questi casi era la liberazione di alcuni arrestati brigatisti. Lo Stato non avrebbe mai potuto accettare questo piano di dialogo perché era rigido dettame non recepire richieste e trattative da parte dei rapitori. Questo perché la pratica del mettere una posta davanti a condizioni liberatorie avrebbe incoraggiato altre azioni di questo tipo che invece dovevano essere scongiurate dal loro insuccesso nell'esito. "Per nessuno si è trattato. Ci sono stati cinque omicidi tra le forze dell'ordine. Se trattassimo ora la gente direbbe che siamo stati indulgenti con questi terroristi perché c'era uno di noi". Parola di Andreotti. Anche Berlinguer - di cui si rinnova puntualmente il santino - era un sostenitore del partito della fermezza, convinto che questa posizione avrebbe dato maggiori possibilità di liberare Moro.
Ma la domanda è anche: se fosse stato un altro personaggio politico ad essere rapito, quale posizione avrebbe assunto Aldo Moro? Non c'è esegesi per dirlo con certezza, ma dati i tempi, data la cultura imperante di quei giorni in cui trattare significava riconoscere i brigatisti come interlocutore politico, sicuramente anche Aldo Moro sarebbe stato per la fermezza.
Oggi, forse, si vede in modo diverso. Nella visione dei nostri tempi la vita di una sola persona è qualcosa che non può essere sottoposta a baratto. Oggi forse si tratterebbe con la condivisione di tutti, ma nel lontano 1978, no.
Ma l'anniversario della morte potrebbe essere occasione per ricostruire la figura del grande statista Aldo Moro. E fare ciò senza disegnare il solito santino. Si vedrebbe allora un personaggio arguto, malinconico, entrato nella Democrazia cristiana come estremista di centro per poi inventare l'ipotesi di una possibile coesione con forze di ispirazione socialista. Ma il centrosinistra coi socialisti lo inventò Fanfani. Non lui. E con prospettiva laica, arguta, lucida assai più pregnante di Moro che quando parlava di convergenze parallele nessuno lo capivo. Allora come oggi. Un uomo sostanzialmente così solo nel partito-stato così belligerante era destinato ad una fine solitaria.

Diverso il discorso su Peppino Impastato. Piangiamo la sua morte, ma dobbiamo anche dire che Impastato fu pericoloso per lui e chi condivideva la sua giusta lotta. Non si grida a un mafioso che è un mafioso così come non si urla a un matto che è un matto. IL suo modo di dichiarare guerra alla mafia allontanava il senso comune, allontanando e di molto anche un possibile esito vincente contro Tano Badalamenti. Nel film Cento Passi che ripete, passo passo, la rievocazione storica, una deviazione di fantasia consente di esaltare il livello puramente rievocativo del film e riportare le figure nel loro vero senso critico.

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