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14 giugno '18 - Etica
Elogio del cazzaro
I volgimenti della nostra età vanno verso l'affermazione delle postverità


La nostra epoca sarà ricordata dagli storici come età del cazzaro. Troppi i segni che ne confermano i tratti salienti. IL cazzaro è tutto dentro la mitopoietica del "vincente" di questi tempi. “Cazzaro” è l’attuale presidente del Consiglio dei ministri che faceva girare un suo curriculum (per altro di tutto rispetto) con attestazioni di seminari frequentati in università prestigiose senza riscontro dalle stesse. “Cazzara” la sua maggioranza, composta di schieramenti che in campagna elettorale erano agli antipodi. Il rappresentante di una parte, la Lega, è il genere di cazzaro sbrafone. Si fa forte del nome di partito nato con l'obiettivo della secessione ma che oggi si pone come emblema del nazionalismo più estremo: “innanzitutto gli italiani”. Per un tipo come lui fondamentale è avere fortuna. Se non ha fortuna è il disastro. E finora la fortuna lo ha assistito. Sicuramente quando ha impedito alla nave Aquarius di attraccare in Sicilia creando uno standby pericoloso a cui ha dato risposto il premier spagnolo. Se fosse successo qualche incidente nei giorni di trasporto in Spagna per lui sarebbe stata la rovina. E invece no. Qualcuno gli ha tolto le castagne dal fuoco. Perché in questo confida il cazzaro: “C’è sempre qualcuno che fa il gioco sporco per te. Fin quando dura. Quando finisce si inizia un altro gioco”. L’altro quasi-premier a sostegno bacia l’urna col sangue di San Gennaro, promette mantenimento economico a tutti, lancia intemerate contro l’euro e l’Europa, tratta a sinistra come a destra considerando scontato che l’obiettivo vero debba essere il suo: arrivare al governo. Non è un mistico, non arriverà mai al credito di cittadinanza, non abiura l'euro né lo sostiene, non ha idee di governo. Sa che deve arrivare a dama. Già! Ma la postazione di presidente non è sua. Meglio fare un passo di lato e dare i cazzi da pelare a un altro: a un cazzaro più grande di lui la cui trattazione è stata già indicata in apertura. Ma non è che gli oppositori abbiano migliori credenziali. Il democratico dette la spallata finale dopo un famoso twitt: “stai sereno”. Ma disse anche “se non vinco i referendum mi dimetto”. E ancora: "l’articolo diciotto non è in discussione" … Ma il più alto in grado è sempre e ancora "Lui". Si dovrebbe pubblicare una trattazione a parte: “in Italia non c’è crisi, i voli sono tutti prenotati e i ristoranti sono pieni” e questo in piena crisi recessiva. Le corna in una parata militare che commemora una guerra che ha fondato l’Italia, sono il segno indelebile che si ricorderà di Lui. Fino all’ultima in ordine di tempo deve ricevere un premio e "Lui": “ma io preferisco lei” indicando la ragazza accanto. “Ma è mia figlia!” La risposta sbigottita del chairmam. IL cazzaro non si perita delle conseguenze del suo dire. Gli eventi volgeranno sicuramente a bene. IL cazzaro è un indecente ottimista. Ma, attenzione! Non ci si improvvisa cazzaro. La figura del cazzaro non arriva semplicemente come diminutio da uno stato di serioso ossequio al dover essere. IL  vero cazzaro ha un approccio intuitivo con la sua presunta verità ottimizzata. Non si perita delle conseguenze. Campa e vive onestamente, quel che dice non è mai del tutto destituito di verità. È che lui rifiuta la complessità. IL cazzaro, nel multiforme e mutevole della realtà, prende sempre il bene affiorante. E quel che affiora spesso è la merda. L’importante è gestirla. Darle un valore fondativo e di riviviscenza. E così l’uomo campa. IL dibattito attuale ha tematizzato "le postverità". Espressione di molteplice traduzione. Ma al centro non c’è solo  il disoccuparsi totale della verità (e tanto meno della fatica di raggiungerla pur nella laica consapevolezza di non poterci riuscire mai). Piuttosto il dogma per cui è vero ciò che appare vero. Onde essere spazzato via da un'altra apparenza di vero e questo flusso accettarlo come inesorabile. Ma non abbiamo neanche un pensiero forte in grado di abbracciare la missione della verità come missione. IL pensatore di grido sui massmedia si chiama Diego Fusaro. In un twitt il giovane filosofo: “obbligo vaccinale fa rima con interesse multinazionale”. E nel twitt di risposta: “Anche Fusaro fa rima con cazzaro”. Stringente. Irrefutabile. Ma l’imperio del cazzaro ha un elemento di liberazione: il fatto che non si può elaborare un algoritmo per prevedere o sostituire la funzione del cazzaro. IL cazzaro agisce motu proprio ed è imprevedibile. La sua forza consiste proprio in questo. E fin quando la forza sarà nel cazzaro nessun’altra potrà mai anteporsi degnamente.