E adesso non si dica che Francesco Totti al di là di quel suo brutto carattere umbratile resta un grande calciatore. Non si dica nemmeno che quel lungo inseguimento per arrivare a un calcione da dietro con il solito obiettivo di far male ad un avversario che l'ha gabbato rappresenti il passaggio del testimone dal vecchio al nuovo. Si astenga anche l'elzevirista che voglia raffigurare l'atto come una testimonianza di 'ibris' assimilandola a quella dell'immenso Zidane in finale di Mondiale. Il Giocatore indiscusso lì rispondeva (sbagliando) a una provocazione e lì si tratta di giocatore di tale grandezza a cui si può perdonare l'atto senza oscurare il fatto di cronaca - lo stesso che si faceva con Omar Sivori. Al genio è perdonato anche il crimine - successe a Cavaraggio a Sant'Agostino, ad Hedidegger, a Witttgenstein...
Ma Totti non è di questa schiatta. In lui parla una persona senza personalità. Forte con i deboli debole con i forti. Bravo a maramaldeggiare contro avversari partiti sconfitti e incapace di dar fiducia alla squadra e prendere i suoi per portarli alla vittoria o quantomeno a una capitolazione onorevole. Gli sputi in faccia al suo marcatore, le parole grosse all'arbitro perdonate un numero innumerevole di volte denunciano un vuoto di personalità, la labilità dei comportamenti. A fine carriera questo atto indica di quale pasta fu il suo talento: importante come mezzi, incapacità totale nella gestione che per un attore del campo di gioco è tutto.