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21 maggio '20 - Etica
Si iniziano a contare i morti per clausura
L’Inps ha licenziato i dati sui decessi che mostrano una realtà meno conseguenziale di quello che si prevedeva


I morti indiretti per coronavirus (persone che rimangono in casa per il lockdown, per paura degli ospedali, per il terrore generato) quasi eguagliano quelli diretti. Nei mesi di marzo e aprile sono stati 46.909 in più della linea di tendenza per questo periodo. Ma è anche vero che il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo sono state di 27.938 unità. Sul dato dell'incremento dei morti va anche notato: sarebbe dovuto essere diminuito per le cause accidentali, quali incidenti stradali. Questo dato dovrebbe essere appiattito. Nondimeno i morti non-coronavirus (aldilà della loro sproporzione stimata) aumentano. Nel rapporto INPS ci si chiede: “A questo punto quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971? Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto. La distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso”. L’Inps nel leggere i dati dei decessi rileva un dato assolutamente non prevedibile. Si legge nel rapporto sulla mortalità in Italia di questo anno l’andamento che non riesce a farsi comprendere in modo diretto come causato da coronavirus. “La quantificazione dei decessi per Covid-19 condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal Dipartimento della Protezione Civile, è considerata, ormai, poco attendibile in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus – è scritto nel rapporto Inps - Inoltre, anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa”. Si nota: “a livello nazionale un’inversione della curva intorno al 20 aprile che potrebbe indicare che l’epidemia ha anticipato nel periodo 1° marzo – 20 marzo delle morti comunque attese. La stessa tendenza in misura minore si può notare anche a livello della sola Lombardia che tuttora rappresenta la regione più colpita dall’epidemia” (ivi, a pag.15).