23 settembre '20 -
EsteticaJuliette GrecoCon lei l'esistenzialismo si è rappresentato come la possibilità del femmininoDare idea dell'esistenza reale di un'esistenzialista è impresa antinomica.
Juliette Greco sfugge a ogni definizione. Con lei si parla di identità che non possono delimitarsi con la professione o meglio ancora nell'arte professata. Chi era Juliette Greco? Una cantante? Un'attrice? Un'icona ... Chi è? Perché la definizione del suo passaggio nella datità storica si pone come un dettaglio superfluo nel tentativo di spiegare la sua eccezionalità.
"Voglio dileguarmi in una nuvoletta!... Dice il personaggio da lei interpretato su Belfagor. E nello stesso dialogo enucleare idee vaghe ma precise sull'idea di persona definita però in termini quantistici.
Nello stesso sceneggiato la sua figura di duplica in un'improbabile sorella. Seduce. Scompare. Riappare. La sua magnetica propensione alla seduzione si mostra però come ben poca cosa davanti alla necessità degli uomini di ripiegare sulle cose finite.
La sua figura come esistenzialista potrebbe anche delimitarsi in quei dialoghi, perché, in fondo, non servono lunghi discorsi se si vuole esprimere l'ineffabilità della vita che non appare.
Ma si può spiegare la non.carriera di un'attrice attraverso i dialoghi di uno sceneggiato o farla passare come fosse Sartre in persona? Certo che no.
E infatti sono questi i casi in cui le parole debbono prendere il loro posto e ritirarsi. Rinunciare. Sono i momenti in cui non si può che porre una mutezza completa esponendo così il linguaggio a quello che è il suo limite.
Juliette Greco - come altre icone della sua generazione, penso a Nico - non ha bisogno di essere una prima donna. Non ha bisogno del grande film, del gran disco, della prestazione memorabile che si ricorderà negli Annales.
Piuttosto su di lei si collegano ispirazioni di una generazione che altrimenti non potrebbero avere raffigurazione fenomenica. Impossibile spiegare la libertà se non partendo dalle costrizioni che la negano, quindi dalla necessità di negare queste negazioni. Gli argomenti si invilupperebbero tutti in queste diverse forme di negatività.
L'estensione della spazialità, pensarsi in proiezione di continua espansione dai limiti spazio temporali, deve essere vissuta. Non si spiega. Non si racconta come fosse una bella storia.
Semmai le storie si possono raccontare. Quelle che passano per la mente e che vogliono sorvolare il piano del racconto, come ogni tentativo di decodifica analitica, quelle sì possono raccontarsi.
Perché ogni narrazione riguardante l'ordinaria vita non può che rimandare a un piano di disperazione e morte. Quelle della Nausea sartriana. E Juliette Greco ci canta storie prese da queste evasioni possibili.