10 dicembre '20 -
EsteticaCon lui se ne va quel che l'Italia vorrebbe essereCi ha dato l'illusione di un popolo vincente o comunque più scaltroNome e cognome più congeniale non potrebbe esservi per l'uomo che per un periodo, pur breve, ha rappresentato la quintessenza dell'italianità. Furbo, ma anche intelligente. Pieno di qualità tecniche, ma restio a mostrarle. Piuttosto attento all'ambiente nel senso del 'particulare', dello specifico che lo circonda. Pronto ad agire sulle falle del suo contesto per portare a sé il risultato migliore. E poi finalmente vincente. Superava in un attimo quel complesso di inferiorità per cui l'italianità si sente sempre sotto scacco o dentro un gioco più grande. Complesso di inferiorità che, in fondo, però nasconde una stima di sé stessi che è ben diversa. Paolo Rossi è stato il primo protagonista della scena nostrana ad entrare in gioco per vincere, non per giocare. Gianni Brera di lui si ostinava a ripetere, anche nei momenti di calo, che Paolo Rossi segnava solo quando voleva. Quasi non avesse bisogno di replicare. Aveva bisogno di una grande circostanza, di un grande pubblico, che la potenza sviluppata nella sua muscolatura bianca, scattante, entrasse veramente in azione solo se e quando valesse veramente la pena. I suoi menischi lo avrebbero infatti portato a una chiusura anticipata di carriera. Una metafora della sua vita per un uomo che non avremmo mai voluto vedere vecchio e rincoglionito, così non ci sarebbe mai piaciuto vedere in campo come il giocatore stagionato che va a prendersi la pensione continuando a disputare col pallone pur essendo l'ombra di sé stesso. E proprio quando sembrava diventato un ex giocatore - quando Gianni Agnelli stigmatizzò di lui "segna come Bonini" - fu ceduto al Milan, per quello che si pensava fosse il suo pensionamento. Di sicuro non sarebbe potuto essere quel che fu per il Perugia, per il Lanerossi Vicenza e per la Nazionale, ma dette un sussulto a una squadra che non ne aveva da anni. Riuscì a regalare il derby inventando nettamente due gol. In campo, anche in piena forma, il suo gioco era quello di nascondersi per ottantacinque minuti in ogni partita. Aiutare a centrocampo, decentrarsi sulle fasce, fare finta di essere a pezzi. E poi in due minuti usciva fuori la bestia intuitiva che ti eri scordato. Coglieva la distrazione difensiva fregando il marcatore, puntando diretto in porta senza perdonare mai. Grande capacità nel farsi trovare smarcato. Sembrerebbe l'abc per un giocatore e invece consiste proprio in quel che è difficile a farsi essendo tutti soggiogati dal narcisismo del bel gesto, dell'avvitamento olimpionico, dell'assist smarcante. Paolo Rossi non defletteva dalla sua missione che era il gol. Oggi non possiamo dimenticare quanto diventava anche antipatico per questa sua estrema lucidità. Quando nacque suo figlio si fece pagare in dollari il servizio fotografico per un giornale. Subito si alzarono polemiche. E lui secco: "debbo pensare all'avvenire di mio figlio". Resterà negli Annales del calcio mondiale il secondo dei tre gol al Brasile nel Mondiale dell'82. In quella che era una delle più grandi squadre di tutti i tempi lui riuscì a cogliere il momento in cui un passaggio laterale avrebbe potuto favorirlo nell'anticipare il brasiliano che avrebbe dovuto ricevere il passaggio. Entrò con la velocità di un ghepardo e scaraventò a trenta metri la palla sotto il sette. E fu tripudio. E fu Pallone d'Oro. In molti erano propensi a ritenere il suo un successo dovuto alla fortuna. Ed era quello che forse a lui piaceva che si pensasse. Giocava ad essere sottovalutato per muoversi con maggiore destrezza e libertà. In tal senso, emblema dell'italiano. Apparentemente modesto, apparentemente schivo, sapeva quel che doveva fare quando si creava la condizione per farlo. Era un'Italia, quella dei primi anni Ottanta, che si affacciava al mondo con un ritrovato ottimismo, iniziando la sua marcia verso le esportazioni e l'internazionalizzazione delle proprie imprese, mostrando una curva di crescita e dei numeri da paese industrializzato che la mettevano in classifica coi grandi paesi del mondo. Era un'altra Italia. E lui, con lei, era Paolo Rossi.