Il poeta Hui Hong, nel riportare un frammento di cultura
confuciana, non si aspettava che un suo asserto girasse il mondo e diventasse un
oggetto di contemplazione dialettica. Tutto ciò anche in paesi ben distanti da
questa latitudine metafisica.
Il confucianesimo somiglia al nostro stoicismo. Similmente - ma non identicamente - la
forza della soggettività supera l'individualità ma diventa massima tensione diretta alla latitudine universale e necessaria. In
questa proiezione esistenziale l’astinenza dall’attivismo puro e semplice - il
rifuggire l’azione come semplice testimonianza, il guardare con sorriso la
partecipazione simpatetica del dolore altrui - sono i pilastri di una sapere contemplativo. Illumina i tratti di un'etica che riesce a guardare il mondo sempre col distacco dovuto alla conservazione di Sé, nel suo esser parte integrante della natura.
Nell'asserzione è chiara l’attestazione per cui chi ha fatto il guaio lo deve sbrogliare. Facile a dirsi. Bello nella proiezione esplicativa che consiglia la misura e la ponderatezza in ogni azione. Ma quasi mai è così. Proprio chi ha fatto il guaio diventa improbabile attore per risolverlo. Proprio perché l'ha causato!
Ed è
proprio per questo che debbono intervenire gli altri. E una volta risolto colui che ha tolto tutto il sistema dai guai potrà rilanciare la propria posta per giocare al prossimo tavolo con un’influenza
aumentata. (Nessuno fa niente per niente).
La saggezza confuciana riesce, in definitiva, ad estendere i tempi
della soluzione, affinché la soluzione diventi sempre più complicata quindi
implichi l’intervento di un terzo – un soggetto che non sia la tigre né chi ha
messo il campanello.
In questa crisi bisogna come sempre capire qual è la soglia
del dolore da parte della Cina: quel coinvolgimento con problemi ai propri
interessi mercantilistici ai quali i cinesi non vogliono sottostare. (È stato detto a più riprese che gli
interessi della globalizzazione guardano con grande insofferenza a questa
guerra e il capitalismo cinese oramai consiste nell’esponente più forte del
globalismo). Una volta toccata questa soglia sarà loro onere
togliere il campanello, anche se non attribuibile l'inserimento al collo della tigre.
Ma, in verità, questo modo di parlare aforismatico porta
alla libera interpretazione della sensatezza storica dei soggetti in azione.
Chi è la tigre? La Russia o l’Ucraina? Se è la Russia il campanello è
rappresentato dal pericolo dell’espansione della Nato. (E allora spetterebbe agli States di toglierlo). Se è l’Ucraina il
campanello è rappresentato da chi gli ha dato e continua a dargli le armi: di nuovo gli
Stati Uniti più alcuni stati europei. (E
allora si fa più articolato e complesso l’onere di toglierglielo).
Farsi aggrovigliare dai sofismi cinesizzanti sarebbe un
errore infantile degli altri interlocutori. In verità i cinesi sono persone
molto pragmatiche, abituate ad affrontare e risolvere i problemi ventre a
terra. Lo stesso deve farsi anche in questo caso.