In questi giorni il cosiddetto main stream è stato occupato da una polemica sui presunti errori in
sede medica per quanto riguarda l’atteggiamento di profilassi e cura da prendere
in caso di prima manifestazione della malattia da Covid. Un’intervista su La
Verità ha sollevato – a torto o ragione – i vespai appena sopiti della tendenza
che ha avversato il sistema di cura vaccinale. La tendenza può riscontrarsi
nella precedente sollevazione ai sistemi di clausura imposti da gran parte dei
governi delle società industriali. Tutto attorno, ma diversamente dai casi
citati, la discussione sull’uso incondizionato dell’ossigeno come trattamento
massimalista nei casi in cui la crisi respiratoria da Covid assumeva caratteri
apicali.
Parallelamente al malessere generato dalla contestazione sui
sistemi di cura, meno evidente, c’è una critica feroce al capitalismo
finanziario. Critica però che non collima minimamente con quella avente un
respiro marxista che ci siamo storicamente lasciati alle spalle. L’esito della
critica, in questo caso, guarda alla limitazione effettiva delle nostre libertà
personali. E in tal senso, quindi, coincide con il grande allarme lanciato nel
precedente esempio della sollevazione contro i sistemi di prevenzione all’avvento
del Covid.
In un recente articolo su Scenari economici si informa delle
misure che il governo degli Stati Uniti, a nome del Segretario dell’Energia del
presidente Biden, ha chiesto di prendere alle sette grandi raffinerie per
limitare le esportazioni di petrolio all’Europa. Ciò in conseguenza dell’indicazione
data dagli States di smettere di comprare il gas russo per mettere in ginocchio
l’impero di Putin. Ora gli Usa si troverebbero in difficoltà sulle loro
disponibilità. Ma come? Non governava il capitalismo finanziario terribile,
selvaggio e profittatore? C’è ancora un margine per la politica nel governo
reale?
In verità non ha tanta importanza il senso dell'articolo. Va
colto nella sua prospettiva strategico politica generale. Difficile che a monte
dell’esigenza di tante competenze ci sia chi riesca a padroneggiare ciascuna di
queste dialettiche: finanziaria, sanitaria, geopolitica, militarismo, ma
potremmo anche dire iconografia del potere.
La riflessione sul mondo però credo sia doverosa di una
trattazione che coinvolga l'interesse generale. In effetti l'informazione è
troppo legata alle bagatelle. È diventata intrattenimento, come ha giustamente
detto Calenda - anche se dicendolo è incorso in errore politico di grande ingenuità:
non si polemizza mai coi giornalisti, è un tratto di provincialismo dal quale
un politico di rango dovrebbe astenersi.
Ma se fossimo disposti ad andare a fondo, accetteremmo
l'idea di un bipolarismo oramai omologato? Siamo disposti ad accettare
l'evidenza che, in fondo, Letta e Meloni si somigliano più di quello che
vogliono fare credere? Quale quadro di scelte così lontano rappresentano i due?
L'uscita dall'Unione è una vera opzione? Oppure non siamo legati oramai mani e
piedi? Governa effettivamente chi governa perché eletto? Oppure il rapporto tra
capitali è talmente sproporzionato dal recedere da ogni illusione?
...
Qual è la diversa idea che abbiamo in testa?
La crisi epocale consiste proprio in questo. È tramontato il
mondo in cui si era convinti di avere delle idee.