La domanda è: Come
sarà il futuro? A porsela col cipiglio soft di chi discute tra un cetriolino
e una tartina sono quelli di Cernobbio. In altri panni dovrebbero esser
esperti: analisti, ministri e imprenditori. Nel “focus” dove si parla d’Italia:
i ministri Renato Brunetta, Enrico Giovannini; l’ad di Bnl, Elena Goitini; Emma
Marcegaglia (ma che fa nella vita
Marcegaglia oltre fare Marcegaglia?). E poi non può mancare Ferruccio De Bortoli, editorialista del
Corriere della Sera. Ma non ci facciamo mancare nemmeno Monica Maggioni, dal
Tg1 e Maurizio Molinari, da La Repubblica. Così come Mario Monti (stessa domanda per lui della Marcegaglia).
Ma la chicca è Alec Ross! Presentato come esperto di innovazione e tecnologia,
i lettori italiani se lo ricordano su La Repubblica come fustigatore della
destra. E così va il mondo.
Tutto questo non solo per dire chel’informazione italiana è
allo sbando. A giudicare la nostra Confindustria, giocando a fare la rassegna
stampa, sembra trovarci davanti a problemi che si pongono nella loro ritualità.
Non c’è ancora in atto una pandemia che ha modificato rapporti di potere e
sistemi consolidati. Non c’è una guerra in atto che coinvolge l’intero mondo,
non solo i due paesi direttamente coinvolti.
Pare un botta e risposta sotto l’ombrellone ma il caldo c’è
e si fa sentire. E invece si sente trattare del problema della produttività,
dei giovani talenti che debbono essere trattenuti nelle nostre imprese (giusto!), ma senza guardare le
eccellenze dei competitor esteri che a differenza dell’Italia non hanno mai
teso accordi indissolubili con la classe di governo. Non si sono mai fatti
scudo di protezioni per approcciare la scelta dell’internazionalizzazione, e
soprattutto sono rimaste per lo più imprese familistiche senza aprirsi al
mondo.
Ma non può sfuggire anche a loro che oggi esiste un problema
che si chiama guerra. Di fatto è già una guerra mondiale per le propaggini che
riguardano gli altri paesi e i costi che noi ci stiamo predisponendo a pagare,
oltre quelli già pagati.
Tutti sanno, quindi, che Gasprom (la Russia) ha deciso di bloccare le esportazioni presso i nostri
lidi. La risposta europea dei nostri giorni è quella di mettere un tetto. Ma
come mettere un tetto a qualcosa che loro non ci vogliono dare? Nessuna risposta.
Altro problema. Si presume che il prezzo del gas vada alle
stelle. È una conseguenza logica. Non ci sono strumenti che riescano a
compensare un colpo di questo tipo. Che tipo di società ci troveremo a vivere
nei prossimi giorni?
Ma i giornali si preoccupano di Cernobbio e a Cernobbio si
preoccupano di controllare ciò che dicono i giornali visto l’unanimismo
compiacente che si legge. Quando ritualmente ci si interroga sulle libertà si
dovrebbe riferire a casi di questo tipo perché nemmeno i giornali di destra
fanno eccezione. Quelli di sinistra, di una sinistra che non c’è, oramai lo
sappiamo che sono loro diretta emanazione.
Ma chi rappresentano gli imprenditori di Cernobbio? Il
gruppo di potere legato alla greppia del potere politico consolidato e ben
attento a legarsi l’uno con l’altro. Altro che libera iniziativa!
Altro problema che gli illuminati alla guida del
sistema-impresa dovrebbero porsi è quello per cui, a conti fatti, i danni dell’ostruzionismo
commerciale alla Russia sono stati pagate molto più dall’Europa che dalla
Russia. Se è vero, infatti, come è vero, che le sanzioni alla Russia sono
costate cento miliardi e solo l’Italia ne ha pagati cinquanta, fatti i conti
col resto del sistema Europa c’è da chiedere a chi e a cosa serviva questa
levata di scudi.
Ma come quella raffigurazione del Titanic che affonda mentre
si continuano le danze l’attestazione della classe dirigente sarà quella di
dimostrare che va tutto bene, pena perdere la fiducia dei sottoposti. Perché è
sull’idea di fides che si sostengono
i rapporti di gerarchia sociale. Quando salta il banco i diversi status non
contano più.