Si dovrebbe evitare di commentare i dati elettorali, almeno una settimana dopo il voto. Il motivo è semplice. Tutto quello che possono dire lo dicono i numeri. Non servono specialisti per dare spiegazioni, blandire le ferite degli sconfitti, incensare più di reali meriti i vincitori.
E il gioco praticato diventa la confutazione del commento,
quindi il commento del commento che poi genera un altro commento. Queste brevi
righe estemporanee quindi non ne sono eccezione. (Si sostiene, però, da parte di chi scrive, che wittgenstianamente non
si dovrebbe parlare su ciò di cui non si può parlare perché tutto quel che può
dire lo dice il numero. Quindi discutere sui numeri, poi, è lo stesso che
discutere sui numeri, prima – quelli dei sondaggi).
L’idea del dopo 25 settembre però è di un campo da battaglia
dove tutti hanno caduti eccellenti. Ce li hanno i perdenti, in modo ovvio.
Innanzitutto il binomio Calenda-Renzi. Non sono serviti i lunghi applausi di
Cernobbio, le uscite televisive, aver reclutato Carfagna e Gelmini che hanno,
comunque, una loro storia e, coi loro limiti, un peso specifico. Non è servito
autoproclamarsi “terzo polo”. L’espressione non ha senso in Fisica, non esiste
in natura, quindi non può sussistere a livello politico essendo la dinamica
delle azioni sociali inscrivibile in una fisica delle determinazioni umane.
Al terzo, quanto inutile posto, vanno invece i Cinque Stelle
di Giuseppe Conte che ha il merito di aver rimesso in piedi un movimento
destinato all’estinzione – almeno secondo
quanto anticipavano i sondaggi. Cinico e machiavellico nel voler regolare
anzitempo i conti con Di Maio, Conte non gli ha dato modo di organizzarsi come
partito. In tal senso si legge l’accelerazione alla sfiducia e non aver mosso
un passo quando dalla crisi del governo Draghi si stava passando alla sua
rovina. La sconfitta dei Cinque Stelle però si sostanzia con il recupero delle
motivazioni rivendicazioniste con le quali si sono caratterizzati finora.
Queste li porterà, ad essere non terzo polo, bensì terzo incomodo, tra destra e
sinistra. Tutto con il lucido intento di salvaguardare il reddito di
cittadinanza per salvare la propria identità, senza entrare mai in specifica
compromissione con la sinistra o con la destra.
Danni grossi per il Pd, allora. Altro che nuovo quadro di
alleanze! Ben lontana la rifondazione in un congresso lontano nel tempo quanto nella
reale disponibilità di attuare meccanismi di ridiscussione nel partito di ogni
livello di gerarchia. Senza alleati il Pd è destinato all’opposizione, quindi
all’isolamento. Dovrà attendere un passo falso da parte degli avversari per conquistare
con nuove lusinghe Forza Italia, Azione, i Cinque Stelle ma per fare cosa? Far
cadere il governo che ancora deve insediarsi e fare nuove elezioni. Ma in quale
nuovo quadro il Pd potrà pensare di aggiudicarsele? Quindi per questo non si
pone come interlocutore credibile. Viene da dire: fine dei giochi.
Ma anche nel centrodestra non c’è gran che da rallegrarsi.
La Lega è implosa. Un partito che aveva sfondato alle europee, che si dava al
40% si sgonfia in pochi anni a un quinto di quel dato. Va bene il voto liquido,
va bene la sfiducia general generica degli italiani. Ma se, come destra, a loro
si è preferito Fratelli d’Italia un motivo deve pur esserci. Sicuramente il
problema sta nella leadership. Non funziona. Salvini buono a intercettare voti
dei delusi ma una volta che doveva iniziare a fare politica sul serio ha
mostrato i suoi limiti. Amen.
Ma di Forza Italia? Ne vogliamo parlare? Oramai il
personaggio Silvio Berlusconi è un uomo al quale vogliamo tutti bene. Ed è
questa per lui una grande vittoria ma è il significato che oramai non fa paura
a nessuno (forse nemmeno a Travaglio).
Ma è un uomo che oramai viaggia nell’insignificanza. E Forza Italia non ha
eredi, visto che lo stesso soggetto di cui trattasi li ha divorati. Stesso schema del saggio freudiano Totem e
Tabù, solo che i figli non sono stati capaci a uccidere il padre e a celebrarlo
nel Totem. È oramai un totem di sé stesso. Inutile quando divertente.
Festeggiano solo i Fratelli d’Italia? Certo. Giustamente. Ma
stiamo ad aspettare la posta che chiederanno i colonnelli rimasti a
disposizione e mai entrati in azione perché si doveva gestire solo l’immagine
della piccola capa. Stiamo a vedere la stessa alle prese coi giochi dei grandi,
quelli che non ammettono decisioni traslate da buoni consiglieri ma una
presenza specifica di chi conduce l’azione. Stiamo a vedere quando dovranno
essere conferiti incarichi, dicasteri, riconoscimenti ufficiali. Come verrà
gestito l’eterno conflitto tra i nuovi arrivati arrembanti e quelli che hanno
accettato per disciplina un ruolo defilato? Sono difficoltà nei quali i più
grandi capi sono caduti. La prima vera grande prova per la piccola Giorgia da
Garbatella sarà questa.