Tutti sanno che le performance di quello che fu il partito di Enrico Letta non sono state soddisfacenti (diciamo così). Si insiste qui nel dire che la percentuale del partito non è stata così deludente avendo lambito quel venti per cento che realisticamente costituisce la sua soglia sociale di successo.
IL fatto è che il PD è stato cancellato dall’idea di governo
perché non ha voluto scegliere alleati. Coi Cinque Stelle no, perché il partito di Conte è reo
di aver fatto cadere Mario Draghi e perché improvvisamente non si ravvisava elemento di contatto per la redazione di un programma. Con Calenda e Renzi,
nemmeno. Volevano le assicurazioni che il PD non si sarebbe caricato dietro i
Verdi e i neo-massimalisti della Sinistra Italiana.
Tutto questo è storia. Quello che manca oggi è la capacità
di segnare un solco e gestire la nuova fase che vedrà il partito all’opposizione
contro un governo probabilmente presieduto da Giorgia Meloni.
Nel dibattito avviato e che rischia di prolungarsi all’infinito
manca la “laica sicurtà del vero” di capire che lo psicodramma riguarda solo al
fatto che il partito sarà estromesso dal governo e non avrà alcun‘altra
possibilità di entrarci. Ed è questo il vero trauma. Il PD non sa più pensarsi
come soggetto della società in grado di imprimere un suo progetto di
progressismo. Può vedersi solo come organismo del palazzo. Non potendolo essere
mette in discussione la sua stessa esistenza reale. È in questo senso che va
intesa la proposta di Rosy Bindi di sciogliere l’intero partito. Al di fuori
del governo della cosa pubblica non sa e non può esistere.
Ultimo solo in ordine di tempo la discussione animata in
trasmissione di Lucia Annunziata su Rai Tre. Hanno chiacchierato Rosy Bindi,
Gianni Cuperlo e una giovane che, a mo’ di come fece la Serracchiani anni fa
protestando sulla staticità del partito, ha accusato di maschilismo il partito.
Rosy Bindi vuole sciogliere. Gianni Cuperlo pone questioni
di identità, uniche in grado di porre un soggetto collettivo come soggetto
reale e non come pluralità di interessi dei vari soggetti che ne fanno parte.
La ragazza (deve lavorare ancora per
riuscire ad avere un nome che sia ricordabile) lamenta un malessere
generale, non solo di genere. Ma è il genere il grimaldello in grado di farla
balzare all’attenzione. Tra le gravi colpe del PD ci sarebbe anche quella di
avere meno personale femminile nella classe parlamentare.
È chiaro che la gara è ad aumentare i problemi, non a
risolverli. È chiaro anche che la chiave dello psicodramma consiste in uno
stilema già adottato per operare un’operazione simpatia. Se piango e parlo
apertamente dei problemi carezzo l’attenzione del popolo che potrebbe ritenere
quel partito scalabile.
E invece il problema è stato toccato dallo stesso Cuperlo
nel dibattito. Il PD non è dilaniato dalle correnti. Magari ci fossero!
Potrebbero significare delle identità ideologiche che rivaleggiano e
inevitabilmente si confrontano. No, il problema consiste nel fatto che il
partito è solo un aggregato di soggetti, ciascuno portatore di voti. “Ognun per
sé dio per tutti” – potrebbe essere il motto di spirito del PD, finora. Solo
che la seconda parte del motto è venuta meno e, proprio come in una tragedia
greca, i protagonisti piangono e si chiedono come possa essere successo.