IL caso Soumehoro resterà negli Annales. Come dire, non proprio nella Storia ma almeno nella memoria. Può una vittima giocare la doppia carta della rivoluzione e in contempo della sua personale redenzione di questo mondo seguendone esattamente tutte le pratiche?
L’impossibile risposta al quesito travalica totalmente il
giudizio della magistratura che quando arriverà sarà inutile perché la sua
vicenda sarà derubricata. Qualcuno proverà a discutere, in caso di innocenza
della moglie, dell’ennesima carriera distrutta a causa di un
processo mediatico che ha seguito un’indagine della magistratura troppo frettolosamente
annunciata. Si discuterà, in caso di colpevolezza, come le colpe della moglie
di Cesare ricadano inevitabilmente su Cesare e su come non esista un eroe senza
macchia e senza peccato.
Nell’attuale resta la riflessione come il tritacarne
mediatico costruisca dei mostri su soggetti che rispondono a requisiti in grado
di rispondere alle richieste momentanee del mercato. Soumahoro parla bene, ha
ragione, sa essere incisivo, è di gradevole aspetto, “buca il teleschermo”. “Perché
no?” Si chiedono operatori della promozione mediatica fino all’ultima grande
affermazione: entrare in una lista elettorale e trovare l’approvazione della
gente probabilmente già persuasa dal personaggio televisivo.
Una serie di “perché no?” che concatenandosi non rispondono
a quella che dovrebbe essere la domanda centrale: perché sì?
Quali sono le prove che il personaggio ha superato per
acquisire il merito di essere rappresentante di altri? La simpatia accordata attraverso
lo strumento mediatico è tutto – notizia nota
– Ma l’attestazione maggiormente perdente per un intento riformatore consiste
nel ritenere irriformabile il comportamento di chi si vuole salvare da solo,
coi suoi mezzi, affidandosi alle regole non scritte e non regolamentate in un
modello basato sulla furbizia, nell’affermazione sull’altro, nell’apparire come
unica forma d’essere che si sostanzia nell’avere.
La sconfitta di Soumahoro e la sua labile difesa afferma la
vittoria della più retriva logica iper-individualista in cui anche grandi
ragioni sociali debbono sottostare alla regola del profitto personale, pena non
riuscire ad avere cittadinanza.
Non è improbabile che Soumahoro, più esattamente moglie, sia entrato in una trappola. Anche se questo fosse accertato non
cambierebbe di una virgola.
Potrebbe essere questo in cui la sinistra potrebbe trovare
grande difficoltà a risollevarsi, perché relegare il caso a un fatto isolato,
legato alla persona, sarebbe un grave errore per la mancata occasione di
comprendere il problema.
E la risposta è quella che ci ha tramandato il grande
maestro di Treviri, dove non si dà grande causa rivoluzionaria senza un
soggetto collettivo che sia motore della rivoluzione.