La parola libertà con le diverse declinazioni del suo senso si presta a due grandi diverse collocazioni. Chi pone la libertà come bene universale e necessario, quindi al di sopra delle altre concezioni. Ma anche al di sotto, nel senso che le concezioni non si possono dare se non sussiste la libertà. Pertanto il porsi in questi termini deve distanziarsi dall’essere messo in relazione con altre concezioni del vivere sociale. In questa visione sarebbe la libertà fondamento di ogni altra concezione. (Per tanto indiscutibile di per sé). Discutibile solo nei termini in cui si afferma, in senso assoluto, indiscriminato o nella ricerca di trovare quei discrimini in grado di affermare sé stessa. Uno di questi è il senso del limite – la libertà soggettiva si estende fino alla libertà dell’altro, o meglio alla possibilità di invadere altrui campi di interesse.
L’altra significazione di libertà la pone come semplice concetto
in relazione ad altri concetti del vivere sociale. Quindi libertà si
anteporrebbe al senso del totalitario, oppure a una moralità costrittiva, ma
anche a una democrazia super erogativa ed eccessivamente limitante per il
soggetto sociale troppo stretto nelle maglie del dovere sociale.
In sostanza quando si parla di libertà si sottendono queste
due grandi famiglie di significazione.
È imbarazzante dover affrontare il tema della dichiarazione
di Ignazio La Russa e dover ricordare
che per entrambe gli usi categoriali del termine, in entrambe i casi si arriva
alle medesime conclusioni.
La Russa ha perfettamente il diritto di rivendicare la sua
appartenenza all’Msi perché questa è effettivamente la sua origine. E non conta
tanto stabilire il fatto che la rilevanza dell’Msi guardava alla negazione di
un ordine democratico o no. Non conta se sia vero o meno. Non conta nemmeno se
effettivamente, come ha detto La Russa, l’Msi fu pilastro della democrazia
contro l’affermazione dei comunisti in Italia, in Europa e nel mondo.
Conta semplicemente che lui ha il diritto di dirlo, tanto più
che non esistono prove fattuali per confutarne la sua verità. Anche se l’affermazione
che il neonato partito dell’Msi fosse formato dagli eredi della Repubblica di
Salò, l’essere stati inseriti nell’alveo democratico ed essere stati
effettivamente funzionali alla Dc contro l’avanzata dei due grandi partiti di
sinistra gli dà questo ruolo innegabile. Piaccia o non piaccia.
Ma anche se questo non fosse effettivamente vero, deve
rimanere verificata la sua possibilità di dirlo o di crederlo nei termini in
cui è stato detto, anche qualora – come alcuni sostengono – l’Msi si faceva
promotore di valori autoritari e antidemocratici. Consiste nella virtù di
chiunque riconosca lo status di un pensiero libero in una società organizzata,
la possibilità di affermare i propri convincimenti anche qualora andassero
contro quel senso di sostanzialità in cui il pensiero libero si fa culla di
ogni pensiero.
Ma qualora si rifiutasse questa ipotesi - considerando il libero pensiero un’affermazione
teorica tra le tante e come tante discutibili e rovesciabili – la possibilità
di dare quella asserzione consisterebbe in un banco di prova per la
praticabilità di questa concezione.
È così che l’asserzione di Ignazio La Russa dice molto di
più di quello che ha detto. Mette in movimento, invece, il pilastro del nostro
recepire sociale di cui il senso della libertà è motore, sia che fosse
concepito come parte in causa sia che fosse interpretato come sua condizione
implicita.
È una solita discussione che può tradursi in una discussione
solida. Il tema però non è l’Msi ma la forza dei pilastri del significato di
libertà sui quali riteniamo consistere la nostra ordinaria esistenza reale.