Applaudono quando l’arrestano ma lo coprono quando cammina
tra la gente. E sostanzialmente lo coprono. L’arresto di Matteo Messina Denaro
ha ben poco di enfatico. Non ci sono ragioni di clamore, di visite del presidente
del Consiglio in Sicilia a Trapani: per fare cosa? Per visionare che? I
complimenti si possono fare anche per telefono o con una teleripresa in uno dei
tanti tiggì … No. La debolezza della politica deve uscire bene allo scoperto
cercando di trarre l’ovvio profitto di immagine dall’operazione.
Ora tutti sanno che Matteo Messina Denaro da un anno si
curava un cancro all’intestino per il quale si recava con falso nome alla
clinica dove effettuava la chemioterapia. Il gioco – come ha evidenziato l’ex
procuratore generale Castelli- conferma il collegamento tra il mondo della
Sanità, delle baronie locali in campo medico, coi più grandi boss della mafia.
I mafiosi debbono provvedere a crearsi un campo franco perché a loro può
capitare di farsi curare ferite oppure di dover affrontare periodi di malattia,
quindi vedere scoperte le vere loro identità. D’altra parte sotto il profilo
deontologico il medico è tenuto ad assistere il suo malato, se gli riesce, a
salvargli la vita. Non è costretto a denunciarlo. Qui scatta però il binomio di
cittadino invece tenuto a segnalare la presenza di un qualsiasi fatto di
interesse della pubblica sicurezza. Ma questa contraddizione non si potrà mai
sanare. Il medico risponderà che per dare ossequio al primo grande imperativo
etico deve per forza soprassedere sul secondo.
Ma la considerazione più ovvia che arriva dalle rare notizie
che trapelano sulla vicenda guardano all’improbabilità di un vero pericolo
pubblico in grado di passare inosservato nella sua città e nella continuità
della sua presenza in una struttura frequentata da persone. Impossibile che in
questo anno di terapie e di pratica cittadina nessuno si sia accorto di lui. Se
ne accorgono, invece, quando lo vedono in manette e apprezzano che il mostro
sia finalmente assicurato alla giustizia.
Non è un giorno storico – come è stato detto. Non è stato
fatto alcun passo avanti nella lotta contro la mafia.
È un giorno invece in cui si debbono imporre alcune
riflessioni relativamente allo stato di cose in Sicilia e al livello ancora
profondissimo di copertura da parte della società reale nei confronti della
malavita organizzata.
Obbiezione: ‘ in
questa impostazione però ci si riferisce alla comunità di persone come fosse
una res individuae mentre nell’effettività
consiste in una sommatoria di individui ‘. E l’operazione riduzionistica in
effetti è questa. Ma del resto non potrebbe essere diversamente. Qui si dà il
criminale, da una parte. Dall’altra c’è il mondo. Non ci sono eroi, e per
fortuna! Non c’è un’attività di cittadinanza attiva. Non c’è una battaglia
etico-politica svolta dal soggetto sociale che si organizza. Certamente c’è l’azione
dei carabinieri che però si perde nella ricerca di trovare un riferimento
identificativo che possa sostenere l’idea di contrasto alla mafia. Chi la
combatte questa battaglia? Chi c’è dall’altra parte? Non davvero i politici che
si presentano per fare passerella.
Il mafioso probabilmente si è costituito: l’arresto potrebbe
essere una sceneggiata. In questo caso si sarebbe consegnato spontaneamente
stimando improbabile il suo soggiorno in galera essendo bisognoso di cure
mediche che non possono praticarsi semplicemente con visite programmate nelle strutture
sanitarie.
Oppure il mafioso è stato denunciato. Sommessamente chi lo
ha riconosciuto oppure nella stessa struttura sanitaria che non poteva tenere
tanto a lungo questa riservatezza che sarebbe stata scambiata per complicità,
ha rilevato la vera identità di questo inquietante assistito.
In entrambe i casi l’uomo se ne stava bellamente in Sicilia
curando probabilmente i suoi interessi, oltre che i suoi malanni. Inopportuna,
sbagliata e dannosa la celebrazione che si dà del criminale evidenziando le sue
efferatezze e i suoi eccessi. Rischiano di far scattare il tentativo di
emulazione presso giovani irrequieti, fanno di un volgare criminale un mito. Ed
è questo un lusso ideologico che non possiamo permetterci, visto che abbiamo
nuovamente preso atto che questi soggetti irriducibilmente devianti vivono tra
noi.