Mai dibattito ha conosciuto il pericolo del campo minato
come la discussione sulle intercettazioni telefoniche. Nella sfera politica la
dialettica è limitata al dato terminale: il garantismo dell’informazione per
cui nell’abuso della pubblicazione si vede l’unica ragione ostativa. D’altra
parte è pur vero che le evidenziazioni sui giornali di dettagli pruriginosi, non aventi alcuna correlazione con l’inchiesta della magistratura, hanno dato ampio
materiale di polemica. (Discussione che
anche se centrasse il problema lascia sospeso il vero nodo del contendere. In
genere, siamo infatti sicuri che sia giusto – no legittimo, ma giusto –
pubblicare conversazioni prive degli inevitabili sotto-testi sussistenti in
ogni rapporto amicale?).
L’altro corno del contendere attiene a una questione strettamente legata alle procedure di indagini. La questione si incentra sulla effettiva pratica in sé. Avendo fondati sospetti su reati commessi, la ricerca si estende a rete in tutte le direzioni. Quindi, non solo i sospettati, anche dei loro generici contatti. Materia che, democraticamente, non è affidata a normali procedure di polizia, bensì deve essere ordinata da un giudice.
La domanda che si pone guarda al risultato di questa
pratica di contrasto al crimine. Veramente le indagini oggi hanno bisogno assoluto delle
intercettazioni? Da una parte la facile risposta consiste nel fatto che, pur
essendo uno strumento poco decisivo nella formulazione della prova, sussistono come misura di controllo. Perché privarsene? In più la debolezza del dibattito
politico sta tutta nell’effetto che si dà alle parole – proprio come le interpretazioni nelle intercettazioni telefoniche.
Chiunque osasse obiettare:
- che non si sono arrestati i mafiosi con le intercettazioni
bensì coi pentiti;
- che il bilancio vero delle intercettazioni è scarsissimo: piuttosto sono state utilizzate come espediente per scagionarsi, una volta
venuti a conoscenza di essere intercettati, con parole messe ad arte per
convincere dell’innocenza dell’intercettato;
- che si traducono in effetti come strumento da SPD tedesca
durante il dominio comunista;
Così argomentando sarebbero da ridimensionare fortemente … Ma chiunque prende una posizione di questo genere è facilmente accusato di dare concessioni alla
criminalità in genere. Quindi, il ritorno ai buoni comuni sentimenti morali
che danno carta bianca a chi indaga. La consolatoria risposta che si dà più a sé stessi che alle contraddizioni del mondo suona quindi così: “nulla fare, nulla temere”.
Solo che il problema non è questo. Nelle evidenze storiche hanno
da temere proprio quelli del “nulla fare”. Perché ciascuno nella sua conduzione
di vita si rende ‘colpevole’ di piccole o grandi trasgressioni e non è
edificante che arrivino alle orecchie di qualcuno e trasportino il soggetto intercettato
al centro di una condizione di scacco in cui il rischio è quello del ricatto.
Nel dibattito, infatti, non è stato affrontato mai il
conflitto con una forma di legge, pur lieve, della tutela della privacy. Quella
misura che è garantita nel momento in cui si evidenziano le proprie preferenze
su un qualsiasi portale sul web. La legge obbliga e tutela questa difesa del
soggetto e del suo vissuto davanti al mondo, ma questa difesa diventa assai più
debole davanti a un addetto che ascolta su mandato di un Pubblico Ministero.
Quando, come e perché il diritto alla tutela degli affari propri deve essere
cancellato in visione del presunto bene pubblico prevalente di un’ipotesi di
reato su cui si fanno indagini?
Travaglio e i suoi seguaci dovrebbero rispondere su questo.
Nessuno ipotizza il ritorno a Sherlock Holmes come ha detto in modo concitato
in un’intervista televisiva. Le tecniche di indagini oggi vanno molto al di là
delle intercettazioni telefoniche. Individuano la posizione di chiunque in ogni
momento. Riescono a dire tutto sui gusti e sul fare dell’indagato in pochi secondi. Le
intercettazioni, in cui chi sa parla sempre in codice, senza mai fare i nomi,
riescono a dare un apporto? Aiuta poco a comprendere l'esempio delle intercettazioni a casa Moro durante il periodo di rapimento dello statista: eravamo in un'altra età geologica per la tecnologia che esprime oggi la telefonia. Non sono state storicamente determinanti nella lotta alla mafia che è avvenuta grazie ai pentiti e alla sofferta legge che incoraggiava questa pratica. All'argomento per cui sono servite nel Qatar gate non c'è risposta effettiva perché poco sappiamo di questa operazione di polizia. Non ci c'è la chiarezza dell'oggetto del dolo (perché corrompere quei deputati? perché proprio loro?), non c'è chiarezza su tutta la trama, non sappiamo come andrà a finire ...
Nondimeno aprire al fronte che cancella molte possibilità di
intercettare si mostra come un’apertura eccessiva alla malavita, una
concessione da evitare.
Sul tavolo appaiono assai di più le prerogative di un potere
che la vera funzionalità di una di queste. IL vero problema si conferma come il
conflitto tra poteri, non i problemi per quello che sono. Resteranno lì
eternamente irrisolti e la tutela alle conversazioni sarà garantita molto più
dall’inutilità delle stesse che dall’etica di non ascoltarle.