I limiti dell’applicazione del 41 bis. Le intemerate dichiarazioni di Donzelli che evidenziano il limite del dibattito parlamentare, sempre meno teso sulle decisioni, sempre più lanciato verso un esercizio dialettico.
I due corni del problema attengono alla stessa dinamica
fattuale e cioè l’avere praticato lo sciopero della fame da parte dell’anarchico
Cospito in polemica con il suo regime carcerario che prevede le stesse ristrettezze
riservate a consumati terroristi e mafiosi Le ragioni dell’isolamento
consistono nel fatto che avendo contatti con l’esterno i personaggi in galera
potrebbero farsi portatori e mandanti di operazioni criminali. La domanda è se
la regola possa essere applicata anche per l’anarchico, oltre che per il
terrorista e il mafioso. Ma la complicazione a rispondere a questa domanda sta
nel fatto che l’anarchico ha posto il dilemma a conseguenza del suo sciopero
della fame.
Si tratta dell’innalzamento del tono di richiesta tanto da
considerare la concessione una prova di debolezza dello Stato. Come dire, l’anarchico
avrebbe scelto male le modalità argomentative e come lui i suoi compagni nello
stilema di protesta divenuto fortemente aggressivo.
Va ricordato che le ragioni per cui fu inflitto il regime
del 41bis a Cospito, dopo suoi dieci anni di detenzione, consistono nel fatto
che l’anarchico scriveva articoli su pubblicazioni di area. Ed è per questo
motivo che dal 4 maggio 2021 l’allora ministro in carica, Marta Cartabia, firmò il
decreto di revisione del suo regime carcerario.
Viene naturale chiedersi allora perché a lui sia stato
inflitto e ad altri detenuti eccellenti no. “La
mia vita – scriveva Cospito - è
caratterizzata dal tentativo di far collimare teoria e azione”. Se questo è
vero dovrebbe sentirsi libero anche se in catene, come predicavano i filosofi
stoici. Non si capisce l’idolatria della lotta per la lotta: “rassegnatevi –
scrive in altra nota - non riuscirete a
togliermi la coerenza e la voglia di combattervi”. E altre cose di questo tipo.
Il 41 bis, allora, servirebbe per
evitargli di mandare questi messaggi.
Ma è anche vero che tenere il lato coerente dello Stato
conferma ai soggetti che le propalano i loro convincimenti. E se invece
arrivasse addirittura “la grazia”? Lo Stato perdonerebbe sulla valutazione che
gli atti – non espletati, quindi rimasti “tentati”
– derivano da un’opinione nei confronti dello stato di cose e non
diametralmente avversa allo Stato, come persona.
IN questo caso la risposta allora sarebbe che chiunque
mettesse in opera uno sciopero della fame potrebbe trovare clemenza dallo
Stato. Pertanto salterebbe completamente la certezza della pena anche quando
riesce ad essere comminata.
Da questa obiezione se ne esce solamente riferendo agli atti
effettivamente realizzati dall’anarchico. Forse per fortuna, forse per caso, si
sono ridotti a nulla. A ben vedere per quel tentato di atto criminale dovrebbe
aver già espletato gli anni di galera. Qual è la vera pena che deve scontare
Cospito? Il Diritto si basa su fatti consistenti, non sulla possibilità che si
compiano. (Se estesa questa eventualità
ciascuno potrebbe nascondere un serial killer). Ma non è anche vero che non
riesce ad esser ridotto al “nulla” l’intenzionale che ancora emerge dalle
parole e dalle lettere dell’anarchico. Con questa ammissione però lui sconta un
regime carcerario duro in risposta a un reato di opinione. La qual cosa è da
regime militare o quantomeno illiberale.
Quale argomento allora rimarrebbe agli anarchici se si
usasse la clemenza con l’anarchico? Che forse si è arrivati a quanto voleva
Bakunin. Si dimostrerebbe che lo Stato non esiste, si è estinto. Che loro
combattono contro un fantasma presente solo nelle loro menti. Ma l’argomento
allora passerebbe a uno psichiatra. Ed anche lì non mancherebbero le divisioni.