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01 febbraio '23 - Italia
Quarantuno bisss!
Quando il nostro dibattito non ha novità emergenti involve su sé stesso. IN questo modo però riesce a tematizzare questioni centrali del nostro ordinamento


I limiti dell’applicazione del 41 bis. Le intemerate dichiarazioni di Donzelli che evidenziano il limite del dibattito parlamentare, sempre meno teso sulle decisioni, sempre più lanciato verso un esercizio dialettico.

I due corni del problema attengono alla stessa dinamica fattuale e cioè l’avere praticato lo sciopero della fame da parte dell’anarchico Cospito in polemica con il suo regime carcerario che prevede le stesse ristrettezze riservate a consumati terroristi e mafiosi Le ragioni dell’isolamento consistono nel fatto che avendo contatti con l’esterno i personaggi in galera potrebbero farsi portatori e mandanti di operazioni criminali. La domanda è se la regola possa essere applicata anche per l’anarchico, oltre che per il terrorista e il mafioso. Ma la complicazione a rispondere a questa domanda sta nel fatto che l’anarchico ha posto il dilemma a conseguenza del suo sciopero della fame.

Si tratta dell’innalzamento del tono di richiesta tanto da considerare la concessione una prova di debolezza dello Stato. Come dire, l’anarchico avrebbe scelto male le modalità argomentative e come lui i suoi compagni nello stilema di protesta divenuto fortemente aggressivo.

Va ricordato che le ragioni per cui fu inflitto il regime del 41bis a Cospito, dopo suoi dieci anni di detenzione, consistono nel fatto che l’anarchico scriveva articoli su pubblicazioni di area. Ed è per questo motivo che dal 4 maggio 2021 l’allora ministro in carica, Marta Cartabia, firmò il decreto di revisione del suo regime carcerario.

Viene naturale chiedersi allora perché a lui sia stato inflitto e ad altri detenuti eccellenti no. “La mia vita – scriveva Cospito - è caratterizzata dal tentativo di far collimare teoria e azione”. Se questo è vero dovrebbe sentirsi libero anche se in catene, come predicavano i filosofi stoici. Non si capisce l’idolatria della lotta per la lotta: “rassegnatevi – scrive in altra nota -  non riuscirete a togliermi la coerenza e la voglia di combattervi”. E altre cose di questo tipo.  Il 41 bis, allora, servirebbe per evitargli di mandare questi messaggi.

Ma è anche vero che tenere il lato coerente dello Stato conferma ai soggetti che le propalano i loro convincimenti. E se invece arrivasse addirittura “la grazia”? Lo Stato perdonerebbe sulla valutazione che gli atti – non espletati, quindi rimasti “tentati” – derivano da un’opinione nei confronti dello stato di cose e non diametralmente avversa allo Stato, come persona.

IN questo caso la risposta allora sarebbe che chiunque mettesse in opera uno sciopero della fame potrebbe trovare clemenza dallo Stato. Pertanto salterebbe completamente la certezza della pena anche quando riesce ad essere comminata.

Da questa obiezione se ne esce solamente riferendo agli atti effettivamente realizzati dall’anarchico. Forse per fortuna, forse per caso, si sono ridotti a nulla. A ben vedere per quel tentato di atto criminale dovrebbe aver già espletato gli anni di galera. Qual è la vera pena che deve scontare Cospito? Il Diritto si basa su fatti consistenti, non sulla possibilità che si compiano. (Se estesa questa eventualità ciascuno potrebbe nascondere un serial killer). Ma non è anche vero che non riesce ad esser ridotto al “nulla” l’intenzionale che ancora emerge dalle parole e dalle lettere dell’anarchico. Con questa ammissione però lui sconta un regime carcerario duro in risposta a un reato di opinione. La qual cosa è da regime militare o quantomeno illiberale.

Quale argomento allora rimarrebbe agli anarchici se si usasse la clemenza con l’anarchico? Che forse si è arrivati a quanto voleva Bakunin. Si dimostrerebbe che lo Stato non esiste, si è estinto. Che loro combattono contro un fantasma presente solo nelle loro menti. Ma l’argomento allora passerebbe a uno psichiatra. Ed anche lì non mancherebbero le divisioni.