C’è stato un tempo in cui la classe di governo tendeva a dare una diversa statura di sé rispetto al resto del popolo. Fino alla precedente generazione le immagini di un grande evento dovevano ritrarre i loro protagonisti per dare alla documentazione storica un sostegno visivo e fornire così anche un atto democratico di visibilità nei confronti della libera informazione.
Difficile stabilire quando e come è iniziata l’estensione
del costume di autorappresentarsi nei contesti in cui ci si trova, anche dai
diretti attori della scena politica che muove alle principali leve di comando.
Oggi i personaggi politici chiamati a un grande momento
decisionale attestano loro stessi fotografandosi. Partecipano a grandi eventi
sociali essendo loro stessi a fare lo scatto per facilitare il sostenitore ma
anche il gruppo concentrato di sostenitori alle spalle. In questo ultimo caso
si vuole chiaramente celebrare la primalità sociale del fatto o del soggetto
celebrato. Non è Totti che si fotografa per un momento di giubilo ma è la Curva
Sud ad essere protagonista ed è Totti il fan che aderisce all’ideologia
romanista.
Quando il contatto è tra due o tre soggetti addetti a
pubbliche responsabilità sfugge la ragion d’essere di una documentazione
fotografica che sia ad opera di uno dei personaggi ritratti nel contesto. Un
atto democratico che fa assimilare la persona con grandi responsabilità a una
donna o un uomo che ce le ha solo per sé stesso. Quella foto quindi viene
assimilata a un fatto privato, come alcuni amici che si fotografano per gioco.
Ma allo stesso tempo sanno perfettamente che quell’immagine sarà resa pubblica.
Anzi, forse nasce come pubblica e l’occasione di realizzarla alle brevi, come è
facile con la tecnologia in dotazione, costituisce una lusinga per tentare di
trovare transitività nella celebrazione. Non solo celebrarsi, ma essere
celebrati.
Forse il tentativo identico è quello dei leader che si
fotografano. Un segno della loro debolezza e la caduta al rango dei la qualunque. Ma in contempo è anche la
consapevolezza di ciò, nella resa davanti a questa evidenza, nella
considerazione che sono le grandi logiche ad essere determinanti non le volontà
dei grandi condottieri, come era nella fantasia di un Medio Evo romanzato.
Il potente sa di non contare nulla. Il suo essere
funzionario di un sistema di potere lo limita a spettatore. E come lo
spettatore che sta allo stadio a vedere la sua partita del cuore, nella
speranza che quello sia un evento che resterà, si fotografa con chi condivide
questo evento. La testimonianza per dire “io c’ero e voi?”
Anche qui una nuova testimonianza dell’idea del già determinato.
Come se il senso della nostra Storia sia stato estromesso dalla volontà di
costruire quel mondo rappresentato dalle ideologie del Novecento: capitalismo,
liberalismo più o meno temperato dalla presenza dello Stato, stato democratico
in cui le organizzazioni di rappresentanza hanno la prevalenza, socialismo
riformista e infine i diversi socialismi reali.
Tutto questo è spazzato via. Esistono donne e uomini in
carne e ossa. Vivono quel momento. Non si sa bene chi o cosa sceglie per loro.
Ma loro lo stanno vivendo. E lo vogliono far vedere per ricordarsene, poi.