Anche in
ambito di gestione dei rifiuti esistono diverse italie. Parole vuote come “transizione ecologica”, “circolo
virtuoso dei rifiuti” restano come stentata memoria di un’età, quella del primo
progressismo, dileguata insieme ad altre parole-forza
retoriche e inutili.
A dare il
quadro del disastro italico è il rapporto Green
Book 2023 che conferma il divario tra meridione e settentrione italiano,
con Roma epicentro del disastro.
Al di là dei
programmi lanciati c’è il dato dell’aumento della produzione di mondezza. Il
2021 segna un aumento di produzione pari al tre per cento a persona contro una
percentuale fissa del riutilizzo e riciclaggio che è del 48%. I raffronti sono
fatti di anno in anno. Ogni abitante attualmente produce in media poco più di
mezza tonnellata di rifiuti ogni anno.
A Sud gli impianti latitano. In questo modo non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti. Si paga, quindi, più Tari: 368 euro ad abitante (dato sempre del 2022) mentre al centro si pagano 335 euro e a Nord 276.
Il PNRR ha
stanziato sulla materia della gestione dei rifiuti due miliardi cento milioni. Roma
manda novecento tonnellate di rifiuti in Olanda ogni settimana. Destinati al
termovalorizzatore, scalderanno le loro case, non le nostre.
In Italia
sono attivi appena trentasette termovalorizzatori. In Germania, novantasei, In
Francia, centoventisei.
Sempre in
Italia il riutilizzo e riciclaggio è fermo al quarantotto per cento a fronte
del diciannove per cento dei rifiuti ancora gettato in discarica.
Sono dati
che non evidenziano solamente un’emergenza. Piuttosto un’arretratezza che è
storico culturale. Non è sufficiente la raffigurazione plastica (è proprio il
caso di dire) degli olandesi che scaldano le loro case grazie al derivato dei
nostri rifiuti mentre il nostro paese li esporta e paga per questo aumentando
il famigerato quantitativo di anidride carbonica nell’aria. Gli arroccamenti
sono più forti. E non si parli di ideologia o di mancanza di un sano senso di
pragmatismo. In questa disfunzione di sistema ci sta dentro un po’ tutto:
demagogia popolare, mancanza di coraggio e determinazione di chi è chiamato a
delle scelte e altrettante responsabilità, incapacità di dare una
programmazione che non sia il semplice risultato delle committenze arrivate da
altre spinte nel mercato globale.
La mondezza
si pone come la misura del declino di un paese che appare senza speranze. Non c’è
sinistra o destra che tenga. Spezzettamenti e dislivelli, crescita a macchia di
leopardo, oramai sono tratti costitutivi – non semplicemente un’anomalia
funzionale.
E
probabilmente da queste retrovie degli imperi del globo si deve partire
affrontando il problema dei rifiuti prima ancora di quelli dello sviluppo.