IL 17 giugno doveva essere ricordato per il sorpasso
di una forza di opposizione al partito che dovrebbe essere il leader dell’opposizione
di sinistra al governo. Il Movimento Cinque Stelle infatti ha preso la piazza
contro il lavoro precario. Il tema pilastro della sinistra e del riformismo ha visto la segretaria del PD all’inseguimento delle tematiche col dissenso di
altri esponenti dello stesso partito e l’uscita dell’ex assessore regionale alla
Sanità del Lazio Alessio D’Amato.
E avrebbero potuto scrivere della situazione di stallo
del PD. Avrebbero risposto con la libertarietà di Elly Schlein – modello anomalo nella gestione della figura
di segreteria di partito. Avrebbero insistito sulla sconfitta in piazza
della primazia di quel che fu il partito tradizionale della sinistra storica:
Pci-Pds-Ds-Pd.
Niente di tutto questo. Beppe Grillo contro le aspettative
è intervenuto. E quando parla lui cancella tutto il resto.
Nel breve elenco per i distratti fuoriesce senza
commenti il propellente delle parole.
– 1) indossare il passamontagna per trovare la forza nell’opposizione a questo stato di cose; 2) fare proprie le cose pubbliche per vedere migliorare lo stato attuale di quanto abbiamo prossimità; 3) togliere il diritto di voto ai vecchi che riproducono l’esistente per darlo ai giovanissimi con il futuro davanti –
Inevitabili le esecrazioni e i distinguo. Ma al di là dei distinguo e dell’effetto
di killeraggio verso un momento che poteva essere storico, c’è la possibilità
che Beppe Grillo abbia introdotto un momento nuovo nel lessico nuovo della
politica e nel suo pensiero.
Si supera, infatti, il piano convenzionale inamidato della compostezza
istituzionale. (Del resto gli stessi dibattiti parlamentari non sono pieni di
espressioni fuori registro e di atteggiamenti esibizionistici?)
Nel linguaggio di Grillo c’è la richiesta di superare la trappola del
dovere nei confronti dell’istituzione. ' I grandi pilastri della repubblica
debbono essere case a disposizione. Hanno senso solo se vengono messe a
disposizione delle esigenze di ciascuna persona. Superare la "statolatria".
Superare ogni formalismo e rispetto commendevole nei confronti degli attori
della politica. Loro non ne hanno con noi. La vita è nostra. Questa stagione è
nostra. Ogni attendismo o rispetto per una priorità maggiore non deve
interessarci. Evitare di farsi intrappolare dalle costrizioni dei doveri.
Esistere è un dovere '. E per questo: “diritto di cittadinanza all’atto di
nascita e per sempre”.
Si è detto che un attore della politica in veste di comiziante non può
vestire i panni di un Carmelo Bene né di Ettore Petrolini. Loro parlavano da un palco
anche quando i contesti erano estemporanei e senza pubblico pagante. Loro erano
il teatro.
Ma, a ben vedere, la condizione non varia in Beppe Grillo. E, anche se
inconsapevolmente, non cambia in ciascuno degli attori della politica. Ciascuno
di loro sta dentro un processo in cui gli spettatori si esprimono con un like o
con il voto, piuttosto che con il flatus vocis, il loro assenso e dissenso. E c’è
un remoto pensiero, quindi, che quel teatro, come quello propriamente detto,
non sia diverso dal luogo per cui si paga il biglietto.
Il prezzo lo paghiamo con l’abbassamento dei nostri livelli di vita nell’impotenza
generale, nostra come degli attori che biasimiamo o lodiamo.
Ed è per questo che bisogna smettere di essere spettatori e prendere la
ramazza in mano.