La sentenza
comminata all’oppositore Alexei Navalny, in definitiva appare mite, data la
mole di repressione ben nota sussistente in Russia. La sua condanna da parte del
tribunale di Mosca a diciannove anni risulta minore dei venti richiesti dal
pubblico ministero. La motivazione della sentenza consiste nell’ “estremismo”
di cui Navalny ha dato prova. Le sue imprese sono moltissime, tutte, secondo il
Tribunale, tese a creare una comunità estremista.
Dire che sia
un oppositore al regime di Putin in patria suona come un’attenuazione. Navalny
è molto di più. Con le sue attività di denuncia e di pubblicazione del dissenso
imbavagliato in Russia vuole essere un monito ai suoi concittadini, di fatto
acquiescenti e proni al regime qualsiasi cosa chieda il regime. Parte da una
prospettiva nazionalista e liberale e ha detto di voler ricondurre Ucraina e
Bielorussia sotto la Russia. Ben diverso dai dissidenti sovietici d’antan non
può esser preso a emblema da parte dell’Occidente. In ciò segna la sua
impoliticità o, semmai, la sua astuzia. Lui non si pone come nemico ideologico
del sistema quanto invece un suo estremista. Però ha anche detto che la Russia
dovrebbe trovare un modo per convivere con la sfera Nato e che la logica dei
due fronti è caduta con lo smantellamento dell’ideologia di Stato Russa. C’è
però un’ideologia di Stato ancora in piedi ed è il liberalismo e nel ricordare
al mondo di aver vinto potrebbe chiedere a ciascuno dei nuovi adepti di pagare
pesante pegno.
Strizzando l’occhio
al mondo liberale si è dichiarato a favore dei matrimoni gay
Viene da
chiedersi: chi è Navalny? Come sarà ricordato dalla Storia? La risposta alla
mancata adesione del mondo occidentale al suo infaticabile impegno si spiega
facilmente con le sue prese di posizioni iper-patriottiche: non molto chiare, forse strumentali,
sicuramente conseguenti ad una sua antipatia tanto da allontanarlo a farne un
uomo-simbolo.
Dopo il
tentativo di avvelenamento tre anni fa si è avvicinata ancor più l’associazione
della sua figura a quella di vittima. Subito è scattata la macchina della
propaganda solidaristica. Gli viene consegnato il premio Sacharov nell'ottobre
2021. David Sassoli per l’Unione Europea parla di Naval'nyj come uno che "ha
combattuto instancabilmente contro la corruzione del regime di Vladimir Putin.
Questo gli è costato la libertà e quasi la vita". Ma dalla “madre Russia”
non si commuovono: definiscono Naval'nyj: "terrorista".
Ma il dato
che gli esperti dovrebbero spiegare (o
lui stesso se potesse parlare in modo veramente libero) consiste nelle
ragioni per cui l’esponente irriducibile accetti di tornare a casa il 17
gennaio 2021 dalla Germania dove era in cura. La risposta facile consiste nel
fatto che sicuramente le autorità russe esercitavano una forma di pressione nei
confronti dei suoi familiari e amici, tanto da costituire un vero e proprio
ricatto. L’effetto del suo arresto però sicuramente è calcolato dallo scacchista
Naval'nyj che nel suo paese trova finalmente un movimento di protesta a suo
favore. Ma non basta. Dopo un mese inizia lo sciopero della fame per essere
ricoverato di tubercolosi. Si muovono finalmente i deputati russi a cui
sicuramente va poco a genio l’immagine della Russia come un paese che stronca l’opposizione.
Chiedono a Putin di dare cure mediche a Naval’nyi. Siamo a metà aprile 2021. Due
mesi dopo, il ritorno in carcere dopo aver recuperato dalla devastazione della
malattia e dello sciopero della fame.
Comincia
però lo smantellamento della rete di opposizione da lui creata. Ed è qui che
raccoglie i riconoscimenti dall’Occidente ricordati prima.
Il dato da
comprendere ora è quanto la pubblicistica occidentale saprà dare risalto a
questa sentenza che evidenzia, se ce ne era bisogno, lo stato di repressione
normalmente vissuto in Russia. Certo che Naval'nyj non riesce ad essere un
esponente simpatico. Il suo pensiero forse fa rabbrividire ancor più di quello
di Putin. Ma proprio per questo l’Europa di Voltaire dovrebbe fare di tutto
perché lui possa esprimersi. Ma se il senso del beau geste lo avvicina a noi, il sospetto dei suoi tatticismi da
scacchista e il suo nazionalismo più intransigente dei suoi governanti lo allontanano.
Del resto, chi ci potrebbe spiegare
Navil’nyi meglio di Navil’nyi? E il suo astenersi dal farlo rendono le sue innumerevoli
gesta eroiche degne di considerazione, ma isolate politicamente. Tanto che il personaggio resta indefinibile se non con il suo nome.