Un generale militare scrive un libro a sue spese pieno dei
luoghi comuni di un secolo fa sul mondo omosessuale. Il ministro lo esclude da
ruoli di coordinamento centrale per la sicurezza militare considerando, questa, un’ingerenza nella sfera del rigore nel ruolo. Una sortita, quella del militare, che esubera dai suoi obblighi di fedeltà e universale
difesa dello Stato. Ed è polemica sulle parole e sulla libertà di esprimerle.
Un cantante mediocre insulta il suo pubblico al festival
della bellezza. Giustamente contestato, poi si scusa e subito dopo l’insulto
diventa un feticcio dei nostri tempi sulla cui facoltà si dovrebbe misurare - sempre - il
grado di libertà dei nostri tempi.
Il festival delle mediocrità che tiene banco nell’informazione trova nel Calcio degna espressione. Un mediocre ex attaccante dell’Inter (incapace a stoppare una palla e colpevole di aver fatto perdere una finale di Coppa dei Campioni alla sua squadra) da due mesi si prende le prime pagine dei quotidiani sportivi per sapere dove andrà a giocare e di sicuro non rimarrà disoccupato come dovrebbe. Come se la continuazione della sua attività pedatoria fosse una necessità per gli appassionati di questo sport.
Sempre nel Calcio, un altro mediocre. Il CT ci fa sapere che se ne va in Arabia con un contratto di trenta miliardi. Abbandona la nazionale, dopo che la nazionale ha avuto molta fiducia e pazienza con lui confermandolo, nonostante l’esclusione dei Mondiali. (Umiliazione dell’Italia calcistica che non può essere equiparata per un torneo d’Europa vinto ai rigori).
Sono fatti ben diversi che hanno in comune non solo l’estate,
quindi la voglia di avere qualcosa da dire non sufficientemente impegnativo.
Hanno in comune il fatto che rischiano di rappresentare i nostri tempi.
Troppi esempi manifesti di mediocrità che trovano un’affermazione
in una sfera di responsabilità dove ci si aspetterebbe un diverso livello di
elaborazione e mitigazione dei conflitti.
E invece siamo perfettamente entrati nell’età di Oltre il
Giardino. Il film interpretato da Peter Sellers in cui si immagina un demente che per circostanze fortunose riesce a diventare il competitore per la carica di presidente degli Stati Uniti.
Come è possibile che un evidente incapace riesca a tanto? Ce lo dovremo
chiedere e ce lo chiediamo spesso sollecitati dai fatti dei nostri giorni.
La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che l’affermazione
mediatica ha per comodità bisogno di trovare conferma nelle leve di comando. E ciò per
una male interpretata democratizzazione delle decisioni. Il più popolare non
sempre corrisponde a colui che effettivamente verrebbe selezionato dal suo
pubblico se avesse la possibilità di scegliere.
L’individuazione degli esatti profili di questa
fenomenologia in cui trionfa la mediocrità si potrebbero però confondere con lo
stato di accusa della democrazia e degli erronei favori del popolo. Invece dovrebbero essere sempre analizziate le massimizzazioni dei profitti in relazione
ai risultati effettivamente ottenuti.
In ultimo, solo per ultimo, la questione epistemica sul
fondamento della verità nell’espressione di una qualsiasi attività umana. Può
esistere un giudizio condiviso in grado di assegnare valori e ruoli? Oppure il
tutto è suscettibile dalla mutevolezza del momento e solo i favori temporanei
del pubblico hanno legittimità?
La sola risposta possibile guarda ai protagonisti a cui ci
si è riferiti, senza volutamente fare menzioni precise. Loro prendono quel che
arriva dal momentaneo successo e ne godono gli effetti. E altro sembra proprio
non esserci.
Il dubbio invece guarda alla possibilità che risiedano in ben altri luoghi le leve del comando. Chi ne dispone offre al pubblico quel che il pubblico riconosce perché a lui più vicino. Tanto chi conta non conta.