La figura titanica del solennemente legato indissolubilmente al vero si cancella alla prima prova contraria. Questo è accaduto alla Germani e al mito dei suoi conti. Appena tre mesi fa il ministro delle Finanze tedesco faceva la voce grossa parlando di regole fiscali per stabilizzare le finanze pubbliche come sola misura per tener stabile l’euro. Il contesto era quello del Consiglio Ecofin di Lussemburgo. E chi provava a dargli torto? Come si potrebbe? E ciascuno si sente un po’ ballerino davanti a tanto rigore teutonico. I francesi provano a tener testa, ma non hanno vinto nemmeno la guerra per poter permettersi di fare la voce grossa.
Da oggi nessuno potrà alzare la spocchia perché risulta
chiaro come anche i conti pubblici tedeschi lascino a desiderare per
rispondenze, pezze d’appoggio, coerenza interna agli altri documenti di bilancio
… E sono sempre i tedeschi a dare corpo al partito dei rigoristi proprio mentre
si sta avvicinando la discussione in aula su Patto di stabilità-
Il gioco è il solito. Cambiare le carte in tavolo sulle voci
di bilancio. Si fa passare facendo il gioco delle tre carte: quelli che erano impegni
finanziari pluriennali diventano veicoli finanziari speciali. E il gioco è
fatto! Degno di un sultanato levantino! E invece sono gli amici teutonici a
voler fare i furbi. Su quale pulpito cercheranno ancora di emettere le loro
requisitorie? D’altra parte è anche vero, come diceva Spinoza, che ciascuno ha
tanto diritto quanto ha di forza. E la forza economica delle Germania, in
relazione alle altre debolezze, è rimasta intatta. Quindi non rinunceranno a
fare i censori. Ma non ci saranno, non potranno esserci, tendenze codine
nostrane pronte immediatamente a fargli l’applauso.
Il senso di inferiorità – nascosto con sentimento di viva
ammirazione – fa parte oramai di una tradizione italica consolidata.
Riconoscerne le origini è difficile. Lo scacco della nostra tradizione è
probabilmente avvenuta con Giovanni Gentile, Giuseppe Croce e Ugo Spirito.
Idealismi diversi ma ciascuno prono all’insegnamento hegeliano senza alcun
merito innovativo, ma solo una lunga ripetizione di glosse al grande maestro di
Stoccarda. Gli anni del secondo dopoguerra non hanno portato gran che. Unica
eccezione di Emanuele Severino e in alcuni la rilettura sul piano filosofico di
Giacomo Leopardi e lì assaporare una grandezza che non aveva origini
germaniche.
Ma tornando a questioni di conti, gli amici tedeschi
pretendevano di far passare sotto silenzio una manovra per cui si
ridistribuivano i crediti tra società create appositamente- Ed è la classica
manovra protezionista, contro il mercato libero, che va in contrasto con le
regole europee. Sono soldi che dovrebbero essere contabilizzati nel novero
delle finanze pubbliche. La stima della massa di denaro è ragguardevole: 869
miliardi di euro. Hai capito i tedeschi?
In sostanza il premier tedesco Sholz aveva attinto a fondi
esterni che non facevano parte della finanza pubblica introducendo un’illecita
intromissione di capitali freschi, privati, per risolvere problemi del
carrozzone. Degni della peggiore italietta.
Tutti sanno invece che il deficit non si può tagliare
utilizzando risorse improprie, come i fondi speciali. La riflessione che se ne
trae sta tutta nell’arroganza tedesca che pretendeva di far passare tutti come
fessi, E ciò in virtù del fatto di esser loro tedeschi. Come potevano sperare
di farla franca col” debito nascosto”?
Ma la soluzione possibile dall’impasse tedesco potrebbe
essere nella riconsiderazione del tutto. In sostanza: “finora abbiamo sbagliato”.
E ancora: “se queste rigidità di gestione non riescono ad essere onorate dagli
stessi proponenti che senso ha tenerle ancora in piedi?” Bisognerà trovare il
nuovo benchmark europeo. E chissà? L’italietta servile e attenta potrebbe far
comodo un po’ a tutti.