Bella la gara di solidarietà per il Marocco che però seleziona i suoi benefattori, tra i quali anche l’Italia, quasi preoccupato di dover pagare cambiali in bianco. Argomento parallelo che dovrebbe prevalere dopo ogni catastrofe geologica consiste però nel mettere in sicurezza quello che abbiamo e di qui iniziare un vasto piano di risanamento.
IL nostro paese è molto sensibile ai movimenti tellurici e
questo colpo di di magnitudo 6.8 sulla scala Richter, deve imporci una
riflessione che va ben oltre la pietà. Tutti sanno che l’area vesuviana se
fosse risvegliata dal vulcano rimasto sopito nei secoli creerebbe un’ecatombe. I
Campi Flegrei se ci fosse l’eruzione vedrebbero interessate all’evacuazione 1,3
milioni di persone che ci abitano.
Gli antichi romani avevano individuato il problema e con lui
la dea Tellus che avrebbe dovuto
governare i suoi scuotimenti. Debbono averla preferita alla semplice
espressione greca – seismos, scossa –
e ai movimenti della dea, la raffigurazione dell’inquietudine della terra: terrae motus.
Solo per dire quanta è antica l’individuazione del problema anche
i classici si sono occupati del problema. Lucrezio, in testa, ad indicare
soluzioni pratica nella realizzazione di strutture al fine di prevenire eventi
disastrosi. Ma sulla sua scia fece lo stesso Ovidio. Ma la latinità al completo
è piena di riferimenti al giusto modo di costruire per non incorrere in
disastri peggiori al male di una terra che perde la sua metonimia di certezza
per muoversi e scompaginare tutto.
Quindi proprio la terra che si pone come raffigurazione
della certezza diventa per pochi secondi assai poco certa tanto da rovesciare
completamente l’ordine delle cose esistenti. Se veramente si vuole evitare che
questo avvenga le strutture realizzate sopra debbono, loro, dare maggiori certezze.
Ed è per questo che Vitruvio su De Architectura
si preoccupa di segnare le concezioni sulle quali costruire basi più solide per
le proprie strutture. Plinio consigliava di adottare le pelli e il carbone come
sistema per assorbire eventuali criticità dovute alle vibrazioni.
Se ne occupò lo stesso Leonardo. Si pose il problema di
ridurre l’effetto dei terremoti sulle strutture proprio per dare maggiore
coesione alle fortificazioni.
Non è questo il primo e il solo caso in cui i pronipoti si
mostrano assai più scarsi degli antenati.
L’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia monitora
ogni istante nel mondo i terremoti che avvengono sulla Terra. Chiaro ed
evidente che le cognizioni di cui si dota attualmente l’umanità non consentono
di prevederne l’arrivo, in qualsiasi situazione in ogni riguardo. Le loro
documentazioni attestano che da quando si registrano i terremoti - Medioevo –
arriva a 4.800 il novero dei centri abitati distrutti. Dal 1861 in Italia se ne
contano 170, in forma minore. Grandi terremoti, invece, se ne contano
trentasei. Solo per fare di conto, negli ultimi anni i terremoti hanno avuto
bisogno di 53 miliardi di euro per il recupero: L’Aquila 2009, 17.4 miliardi;
l’Emilia 2012, 13; il Centro Italia 2016-17, 23,5.
Quali menti illuminate debbono arrivare per pensare a
risorse speciali per la prevenzione, magari rilevate dal famoso PNRR, oppure un
piano di stanziamenti speciale per il riallineamento in veri standard urbani, e
non speculativi, dell’edilizia pubblica e residenziale sulle nostre sventurate
terre? La riflessione su quanto accaduto in Marocco deve indurci maggiore lucidità
per fare della prevenzione un’occasione di crescita. Ma sicuramente non ci sarà
nessuno a dirlo.