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12 settembre '23 - Italia
Tragedia-Marocco, occasione per pensare a un’altra edilizia
C’è un ragionamento che è rimosso dall’agenda della programmazione economica: la sanificazione strutturale dell’edilizia


Bella la gara di solidarietà per il Marocco che però seleziona i suoi benefattori, tra i quali anche l’Italia, quasi preoccupato di dover pagare cambiali in bianco. Argomento parallelo che dovrebbe prevalere dopo ogni catastrofe geologica consiste però nel mettere in sicurezza quello che abbiamo e di qui iniziare un vasto piano di risanamento.

IL nostro paese è molto sensibile ai movimenti tellurici e questo colpo di di magnitudo 6.8 sulla scala Richter, deve imporci una riflessione che va ben oltre la pietà. Tutti sanno che l’area vesuviana se fosse risvegliata dal vulcano rimasto sopito nei secoli creerebbe un’ecatombe. I Campi Flegrei se ci fosse l’eruzione vedrebbero interessate all’evacuazione 1,3 milioni di persone che ci abitano.

Gli antichi romani avevano individuato il problema e con lui la dea Tellus che avrebbe dovuto governare i suoi scuotimenti. Debbono averla preferita alla semplice espressione greca – seismos, scossa – e ai movimenti della dea, la raffigurazione dell’inquietudine della terra: terrae motus.

Solo per dire quanta è antica l’individuazione del problema anche i classici si sono occupati del problema. Lucrezio, in testa, ad indicare soluzioni pratica nella realizzazione di strutture al fine di prevenire eventi disastrosi. Ma sulla sua scia fece lo stesso Ovidio. Ma la latinità al completo è piena di riferimenti al giusto modo di costruire per non incorrere in disastri peggiori al male di una terra che perde la sua metonimia di certezza per muoversi e scompaginare tutto.

Quindi proprio la terra che si pone come raffigurazione della certezza diventa per pochi secondi assai poco certa tanto da rovesciare completamente l’ordine delle cose esistenti. Se veramente si vuole evitare che questo avvenga le strutture realizzate sopra debbono, loro, dare maggiori certezze. Ed è per questo che Vitruvio su De Architectura si preoccupa di segnare le concezioni sulle quali costruire basi più solide per le proprie strutture. Plinio consigliava di adottare le pelli e il carbone come sistema per assorbire eventuali criticità dovute alle vibrazioni.

Se ne occupò lo stesso Leonardo. Si pose il problema di ridurre l’effetto dei terremoti sulle strutture proprio per dare maggiore coesione alle fortificazioni.

Non è questo il primo e il solo caso in cui i pronipoti si mostrano assai più scarsi degli antenati.

L’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia monitora ogni istante nel mondo i terremoti che avvengono sulla Terra. Chiaro ed evidente che le cognizioni di cui si dota attualmente l’umanità non consentono di prevederne l’arrivo, in qualsiasi situazione in ogni riguardo. Le loro documentazioni attestano che da quando si registrano i terremoti - Medioevo – arriva a 4.800 il novero dei centri abitati distrutti. Dal 1861 in Italia se ne contano 170, in forma minore. Grandi terremoti, invece, se ne contano trentasei. Solo per fare di conto, negli ultimi anni i terremoti hanno avuto bisogno di 53 miliardi di euro per il recupero: L’Aquila 2009, 17.4 miliardi; l’Emilia 2012, 13; il Centro Italia 2016-17, 23,5.

Quali menti illuminate debbono arrivare per pensare a risorse speciali per la prevenzione, magari rilevate dal famoso PNRR, oppure un piano di stanziamenti speciale per il riallineamento in veri standard urbani, e non speculativi, dell’edilizia pubblica e residenziale sulle nostre sventurate terre? La riflessione su quanto accaduto in Marocco deve indurci maggiore lucidità per fare della prevenzione un’occasione di crescita. Ma sicuramente non ci sarà nessuno a dirlo.