Tutti sanno che il commissario europeo al mercato interno
Thierry Breton ha intimato ad Elon Musk, (che
è proprietario di X – già Twitter), di porre un freno alla moltitudine di
fake news. La cosa si fa ancor più urgente con questo inizio di guerra in
Israele.
Già qui non si capisce bene come una guerra possa essere il
motore di una reprimenda su contenuti i cui sviluppi non dovrebbero influenzare
alcuna delle scelte effettuate in questo campo d’azione. Tanto più nel momento
in cui il Social si pone come sfogatorio della multitudo ogni credibilità si
opacizza fino a sparire totalmente. Però c’è sempre il remoto sospetto che tra
i rumors infondati si annidi una verità che può esser utile. Tanto più fa
sempre paura la democraticizzazione delle conoscenze con la remota possibilità
che un fatto gravido di ripercussioni politiche possa arrivare alla
incontrollata conoscenza di tutti.
(La rivoluzione della
tecnologia digitale allora significherebbe proprio questo fatto nuovo, storico
e unico: il verbo non è solo appannaggio del profeta o del re e magari dei suoi
cortigiani, bensì si diffonde costantemente e diventa terreno comune di
confronto. Ed è lì che nascono i problemi. Il confronto produce contenuti
verbali a volte assurdi, irreali e incontrollabili).
L’idea stessa di porre limiti a questo libero fluire di
parole e a volte anche contenuti diviene essa stessa più problematica del
problema a cui si vuole dare rimedio. Quali limiti e come porli a questo libero
fluire di immagini, persone e cose espresse (perché non dimentichiamo mai che le parole sono pietre).
E viene da dire che oramai è troppo tardi. Come dire alla
moltitudine di utenti di darsi una regolata? Quale risposta dare a chi
protesterà come illiberale e coercitiva la censura di contenuti considerati
impropri, eccessivi, fuorvianti o falsi?
Il problema teorico rimasto irrisolto consiste nel fatto che
l’anglosassone divisione tra opinioni e fatti se da una parte ha un senso auto-evidente
dall’altra si presenta a contorsioni difficili da dirimere. Un fatto espresso
così com’è non è sempre mitigato dalla mediazione del narratore? Siamo sicuri
che è lo stesso dire ‘Mario mangia la mela’ oppure dire ‘La mela è mangiata da
Mario’ (?). Il senso del soggetto
attante o subente la descrizione cambia totalmente il quadro, anche se l’azione
espressa si pone nelle medesime fattualità.
Ma lo stesso vale per l’opinione. Se attiene a una visione
del mondo, se espressa da una fonte autorevole, se particolarmente pervicace …
Possiamo relegarla a una visione del tutto unilaterale e soggettiva? Se questa
opinione fa proseliti non diventa un fatto?
Le difficoltà nel porre limiti alla circolazione di
contenuti parte proprio dagli esordi significazionali di questi stessi
contenuti. Lo dimostrano le esperienze più recenti. Nel grande dibattito sulla
natura del virus, poi della pandemia e poi ancora dei suoi rimedi attraverso
clausura sociale e lo pseudo-vaccino, il grande tema tornante è stato quello
della mancanza di informazione sulle antitesi. Anche se non del tutto vero, dagli
oppositori della linea più affermata è arrivata la lamentela di esser stati
silenziati. Al di là delle ragioni o torti, se questa opera di coercizione
fosse stata applicata in modo veramente sistemico e generalizzato, non avrebbe
creato maggiore fascino a queste tesi? L’eretico svolge sempre una maggiore
fascinazione piuttosto che l’inquisitore. E anche se l’eretico dice sciocchezze
e l’inquisitore fa solo il suo triste e consapevole mestiere su questo ultimo
non c’è solidarietà.
In tal senso la limitazione dei contenuti svolge solo un favore
alla suggestione che queste espressioni riescono a svolgere, oltre ad aiutare
effettivamente la loro diffusione, invece che reprimerla come era nelle
intenzioni dell’inquisitore. (Qui non si
entra nel merito della verità di cose espresse ma solo nella modalità per cui
si eviti di dirne di dannose. Ebbene questa modalità non è consentita). L’onda
irrefrenabile determinata dalla tecnologia dà questa certezza. Questa grande
ondata della diffusione sociale del flatus
vocis non è arginabile con nessuna diga. Né concettuale né fisica. È la
tecnologia, bellezza! “E non possiamo farci niente!”