Anche a Ladispoli ci si trova immersi, inaspettatamente,
davanti a uno stato di natura. Ma si è troppo vicini dal poterlo veramente
apprezzare. E sicuramente è meglio così.
IL fatto clamoroso è stato lanciato da tutte le
agenzie. Un leone, inspiegabilmente fuggito dalla recinzione di un circo in
allestimento nella cittadina in provincia di Roma, ha creato il panico per ore. Pare quasi certo che i
sigilli che costringevano il felino in una grande gabbia siano stati tagliati
da sconosciuti per favorire la fuga dell’animale. Sta di fatto però che il
leone se n’è uscito dalla gabbia e indisturbato per Ladispoli ha visitato la
gradevole località di mare. È successo la sera di sabato 11 novembre.
Il fatto inevitabilmente ha creato clamore, non solo a
Ladispoli dove è stata emessa l’ordinanza di massima allerta, si è chiesto
fermamente di non uscire di casa e, anche chi doveva rientrare, è stato esortato
a ripararsi in postazioni di garanzia. Il leone è stato riconsegnato ai
circensi, addormentandolo senza alcun danno per la sua salute. Si tratta di un
esemplare di sette anni in pieno possesso delle sue capacità fisiche.
Il fatto clamoroso chiaramente agita animalisti che da tempo
chiedono una normativa affinché siano resi illegali quegli esercizi circensi
nei quali sono impiegati degli animali. Rispondono le imprese dello spettacolo che ancora ne
conservano e li propongono come attrazione per gli spettatori: “non esiste
circo senza animali”. La discutibile asserzione è rafforzata dalla piena
garanza sul fatto che il personale di zoologia non umana vive ogni confort in
questo tipo di impresa dello spettacolo.
Vero o no, quanto è accaduto dovrebbe far riflettere sull’indefinito
rapporto che l’umanità ha ancora col resto del mondo animale. E non si tratta
solamente della ovvia paura di trovarsi la fiera nelle vicinanze, nell’antropologica
impossibilità di rispondere ad evenienze di questo tipo. Non si tratta solo
anche della follia di avere un animale che gira indisturbato in un centro
urbano. (È poi una follia che diventa sempre meno follia, data la quasi
normalità di vedere spuntare dei cinghiali nei quartieri di Roma Nord). Bensì
dell’incapacità di tenere un rapporto che sia di garanzia per la propria
incolumità, da una parte, ma anche di piena libertà, garanzia e
autodeterminazione per il rappresentante occasionale del mondo animale. L’uomo
si percepisce ancora come dominator e
possessor mundi nella seicentesca convinzione che la natura sia un
complesso di fenomeni solamente da conoscere per controllarli al meglio.
Evitando l’idea, così, di esserne totalmente parte.
Quindi confliggono le due latitudini del proiettarsi sui
diritti di un qualsiasi essere nello stato di natura, da una parte, contro l’immanenza
di avere uno di questi rappresentanti davanti agli occhi al punto di poter
determinare la fine del soggetto pensante. In mezzo a queste due latitudini si
dovrebbe affermare il diritto, ma senza successo. Come possiamo negare il
diritto di gustare uno spettacolo con il protagonismo animale con la piena
garanzia che non siano stati perpetrati maltrattamenti? Come possiamo affermare
l’autotutela stabilendo un solo comportamento, utile tale da salvaguardare il
rispetto per il mondo animale e la difesa per la propria incolumità?
Sicuramente il leone che se ne gira tranquillo per Ladispoli
non è una risposta. Almeno per i bontemponi che hanno deciso di rimuovere i
sigilli dei cancelli che li tenevano in gabbia.