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16 novembre '23 - Italia
L’abbuffata che non nutre
Tutti i vizi del PNRR spiegati nell’ultimo libro di Tito Boeri e Roberto Perotti


Si può dire che l’imminente fallimento di questa vasta operazione riformistica e di accreditamento risorse segna l’incrinabile stato di decadenza e caduta del nostro sistema? Tito Boeri non trarrebbe una conclusione così lapidaria perché a differenza di chi scrive è persona educata e accorta. La ricostruzione minuziosa che descrive nel testo da poco licenziato nelle librerie però lo fa totalmente presagire.

Chiaro che riferendo il senso di un testo non si deve dire chi è l’assassino. Ma come accade in qualsiasi giallo che si rispetti qui il problema non è semplicemente la previsione di come andrà a finire bensì delle ragioni e modalità per cui ci troviamo dentro un problema da cui non riusciamo a districarci. L’autore però offre una liberatoria per il governo in carica. Le responsabilità sono all’atto del concepimento, nella mancanza di determinazione a rivederlo almeno nelle finalità raggiungibili, ma soprattutto il vuoto è di totale mancanza di sistema e di cultura delle riforme. Tanto che dire di essere in ritardo è dire poco.

Con questi fondi il nostro paese si è indebitato per 237 miliardi, di cui 123 miliardi che è quanto abbiamo ottenuto, più 69 miliardi di sovvenzioni e 45 di fondi italiani ed europei. La “mancanza di realismo originario” (pag. 102) deve essere l’architrave di tutta la descrizione. Abbiamo chiesto più soldi possibili e poi abbiamo cercato il modo di spenderli (pag. 23) – è questo il vizio della presunta furbizia italiota che imposta in tutta questa storia l’inevitabile fallimento.

Quasi scherzando Boeri fa un parallelo col Piano Marshall e si chiede come mai quello funzionò e il PNRR si annuncia fallimentare? La ragione è che il Piano Marshall era basico, prevedeva costi per beni basilari che andavano da indumenti, alimenti fino a beni durevoli di cui c’era primaria necessità. Col PNRR si è imposta la necessità di fare bandi, commissioni e poi ricorsi, riforme e rendicontazioni.

Ma il male originario sta anche nella fallace cultura economicistica. Si ritiene banalmente che la crescita sia basata sugli investimenti e viceversa gli investimenti inevitabilmente producano la crescita (pag. 29). Ma il problema è sempre dove si investe e se si centrano i reali obiettivi. Boeri fa l’esempio degli anni Ottanta in cui l’Italia investì molto, più della Spagna, ma ebbe una crescita inferiore. (Chiaramente, risponde chi scrive, si dovrebbe guardare anche le condizioni del secondo piano di confronto e il livello di necessità, in questo caso, di un paese che usciva dal franchismo). Questo solo per dire che il piano, ritenuto, conseguenziale in verità non lo è. E non lo è, nel caso del PNRR, perché la previsione delle riforme è sballata (pag.29).

E ammette anche: “per attuare gli investimenti previsti del PNRR sarebbe stato più utile definire un livello appropriato di accentramento” (pag. 57). Ma pensare anche alle prospettive del poi. Sì, perché grandi investimenti necessitano anche grandi spese di manutenzione (pagg.69 - 72).

E allora il metodo è quello tipico, furbesco, all’italiana. Le prime due rate avevano obiettivi facili e formali (pag. 91). Ci si aiuta col trionfalismo della comunicazione (pag. 93). Ma poi arrivano gli obiettivi difficili che governare è possibile solo con un livello appropriato di accentramento delle decisioni che veda sullo stesso piano governo ed enti locali. La Scuola e le ristrutturazioni degli edifici sono l’esempio degli errori che si compiono quando la retorica diffusa dice: ci sono i soldi. Non ci sono però le idee per impiegarli. Ridicoli alcuni progetti, sempre nell’ambito scolastico, che parlano di intelligenza artificiale e dati neuronali per intendere l’alfabetizzazione al Kindle e all’ iPad. E sempre restando in tema ai piani alti, quelli istituzionali, la “migrazione sul cloud” è in altomare e la piattaforma digitale fallita (pag. 121.).

Ma la retorica fondamentale sui quali erano nati i PNRR voleva che l’Europa ci desse con queste derrate di danaro lo stimolo, ma anche l’obbligo, a fare riforme di sistema fondamentale. Ne erano state contate sessantatré (pag. 109). Quindi tutto questo si presterà alla dialettica asfittica per cui “se non sono partiti i PNRR è perché non sono state fatte le riforme”. Oppure: “non sono state fatte le riforme ed è per questo che i PNRR non sono decollati”. Tutto chiacchiera della politica nella quale, nuovamente, si assolve il governo in carica per dare responsabilità ai due precedenti: Antonio Conte e Mario Draghi. Ma il problema è un Eterno Ritorno nella storia riformistica del nostro paese: il mancato equilibrio che c’è sempre stato tra le due necessità da perseguire parallelamente e sono accentramento e decentramento. Solo in comparti diversi nella vita dello Stato.

 

(Tito Boeri, Roberto Perotti, La Grande Abbuffata, ed. Feltrinelli Milano ottobre 2023 pagg.194)